mercoledì 31 luglio 2013

Asteroide salicina

(Buphthalmum salicifolium)

(dialettale:  )


Nei primi incontri con questo fiore, esso era  sembrato solo una margherita gialla, solare come la stagione in cui spalanca i suoi caldi capolini sfoggiando tutta la gamma dei gialli con qualche leggero tocco di verde.


Poi, individuato il suo nome comune, fu facile pensare che ci fosse stato chi aveva intravisto in questo suo splendore la luce di un astro o la scia di un asteroide rotante. Una vera delusione è stato scoprire  che il suo nome scientifico significa 'occhio di bue', è stato come veder spegnere la luce che emana.




Pianta resistente, sopporta senza grosse difficoltà le ristrettezze di un ambiente povero e arido, anzi abbellendolo con i suoi cespi non molto folti ma freschi per la presenza di foglie che abbracciano un po' i fusti convogliando l'acqua della pioggia verso le radici e combattendo l'eccesso di traspirazione dotandosi di una leggera peluria.




I capolini compaiono solitari nella porzione terminale di ogni stelo simili a bottoni trapuntati che poi sviluppano dei fiori marginali fertili assai allungati nella loro forma di lingua con margini suddivisi in 3 denti che li fanno sembrare raggi dentati di una ruota, rustica anche per la presenza di rilievi longitudinali.

I fiori interni, tubicini minuscoli più scuri, si fanno forti del loro numero consistente rinforzato da pagliette allungate in modo da essere visti dagli insetti visitatori.

martedì 30 luglio 2013

Aglio delle streghe

(Allium carinatum)

(dialettale: ai de le strighe)

Crescendo in prati aridi ed incolti, tra alte erbe soffocanti, non si può pretendere molto da questa bulbosa, parente dell'ortaggio degli orti ben più grosso e vistoso in tutte le sue parti; l'aglio delle streghe però si distingue per la sua strana infiorescenza.




Sembra una capigliatura spettinata ed aggrovigliata dove i fiori di un delicato color lilla, appesi a lunghi peduncoli, possono essere rivolti in alto, in basso, obliquamente, formando incroci intricati.

Fuoriescono da minimi spazi tra  grani cuoriformi verdastri che sono bulbilli, i quali nel momento opportuno si lasceranno cadere a terra per originare nuove piante: una delle solite intelligenti soluzioni  al problema della sopravvivenza.



Questa meraviglia è inizialmente tutta avvolta da due brattee asimetriche  che poi si distendono in direzioni opposte formando come la carena di una barchetta con punte affusolate e quasi trasparenti.

I 6 tepali assemblati come un fodero troncato in base lasciano penzolare stami con antere porporine che fanno corona ad uno stilo ancor più lungamente sporgente.



Il nome con riferimento alle streghe potrebbe far pensare che possa far del male a qualcuno; invece, al contrario, dovrebbe scacciare il diavolo, le streghe, i vampiri. E fu ritenuto capace di ciò fin dall'antichità quando le malattie erano dei flagelli inspiegabili e l'aglio un antidoto eccellente.


lunedì 29 luglio 2013

Lampone

(Rubus idaeus)

(dialettale: franbolèr)



Appartenente alla antichissima  famiglia delle Rosacee, anche questo è un rovo, ma si presenta con un aspetto meno aggressivo e prepotente degli altri; è quindi un po' speciale, il 'rosso del monte Ida' per gli antichi, lampone per noi.

Colonizza in breve tempo molte pendici montane, tanto da diventare invasivo, per mezzo dei polloni che emette dalle radici a primavera e quindi spesso assai lontano dalla pianta madre, favorendo così l'espansione del cespuglio.


Questi, nell'anno successivo,quando assumono un aspetto più legnoso, portano i frutti, belle e succose more rosse, sulla parte terminale che tende a curvarsi e a far cadere il ramo.

Le foglie sono composte da 3-5 parti grossolanamente seghettate e con un aspetto lanuginoso e una tinta quasi biancastra nella pagina inferiore, rendendo l'insieme più sciolto e leggero.


All'ascella delle foglie si formano i germogli fioriferi che sbocciano in successione per un periodo di tempo piuttosto lungo tanto che può capitare di vedere fiori e frutti quasi maturi nello stesso momento.

I fiori mettono in mostra 5 bianchi petali liberi e 5 sepali del grosso calice che poi inclinano le loro punte all'indietro, quasi a lasciare spazio alla drupa composta da molti frutticini rotondi disposti ordinatamente su un ricettacolo conico: nella specie molto selvatica queste drupeole sono in numero molto ridotto.


Quando delicatamente si sfila il frutto maturo, gli rimane come ricordo del modo con cui stava sulla pianta un foro centrale vuoto.



domenica 28 luglio 2013

Ortica comune

(Urtica dioica)

(dialettale: ortiga)


Da giovane l'ortica si presenta con un aspetto ingenuo, fresco e parrebbe accomodante; ma basta anche un solo leggero tocco alle foglie per essere punti dal suo pelo che è fatto come un ago da iniezioni.

Esso inizialmente è una semplice cellula del fusto e delle foglie, la quale, durante lo sviluppo, s'ingrossa e si unisce ad altre che formano una specie di piedistallo facendola allungare ed inclinare, mentre al di sotto la membrana che la riveste s'assottiglia.
Se urtata, questa si lacera e la punta sottilissima che è ripiena di acido formico ed altri fluidi urticanti viene spinta fuori dalla sua base e sparge questo liquido su quello che considera un nemico.

Non è altro che il suo modo di difendersi dagli erbivori che altrimenti la sterminerebbero ed anche dagli uomini che la raccolgono e la usano per molteplici scopi.

Cresciuta, si riconosce facilmente perché sui suoi fusti rossastri, quadrangolari e forti pendono, attorno ai nodi, tra le foglie triangolari, delle spighe simili a frange verdastre.

A prima vista sembrano tutte uguali, invece alcune piante portano fiori maschili eretti che racchiudono 4 stami, altre fiori femminili penzolanti corredati di ovario, che aspettano di essere raggiunti dal polline trasportato dal vento: per questo le infiorescenze non hanno alcuno degli accorgimenti usati per attirare gli insetti.


Se per qualche ragione l'unico seme che produce ogni fiore femminile non dovesse formarsi, l'ortica non si perde d'animo, assicura la continuazione della sua vita per mezzo del suo rizoma.Ha una tale vitalità che basta ne resti anche un solo mozzicone nel terreno perché rigermogli.

Nell'antichità si riteneva che questo prodigioso vigore potesse essere trasferito agli umani; ad esempio il poeta romano Petronio esortava gli uomini bisognosi di riacquistare la virilità a farsi frustare con un mazzo di ortiche nella parte bassa del corpo: una flagellazione davvero eccitante!

sabato 27 luglio 2013

Genziana mettimborsa

(Genziana pneumonanthe)

(dialettale:    )

Il nome comune 'mettimborsa' sembra indicare un ordine di saccheggio che forse avviene  davvero, perché recentemente sono state usate parti di questa pianta per ottenere dei tonici amari; abitudine antica quella della raccolta, visto che un tempo le sue radici erano estirpate perché ritenute efficaci contro le epidemie e le punture di insetti velenosi.

Per correre ai ripari è stata dichiarata specie protetta: ma se gli uomini non pretendessero di essere padroni di tutto ciò che esiste in natura, avrebbero già capito che portare a distruzione una qualsiasi delle piante esistenti è come tagliare il ramo dell'albero su cui si è seduti. 
Ma tant'è!

Intanto, nel bel mezzo dell'estate, la genziana che ama tenere i piedi nel terreno umido, dischiude le sue corolle strette e campanulate, di un turchino un po' sbiadito e marezzato di verde nel fondo, più luminosamente azzurro sui 5 morbidi lobi ripiegati verso l'esterno.


Si può pensare che la sua fioritura sia un fenomeno normale, se non si sapesse che essa impiega molti anni per giungere a questo evento e che pochi sono i fiori posti all'ascella delle foglie più alte.

Infatti il suo fusto cilindrico, quasi senza ramificazioni, s'innalza duro e rigido per 15-20 cm dal terreno e, pur essendo stato denominata 'fiore del vento' dal greco' pneuma e anthos', ondeggia ben poco quando la  brezza montana la investe.


venerdì 26 luglio 2013

Campanula

( Campanula scheuchzeri)

(dialettale: canpanela)


Una strada costruita da poco, sassi, detriti, pietre spezzate, tutto un po' sconvolto e nudo, ma proprio là una coraggiosa pianta pioniera stabilisce la sua dimora ed avvia il processo di ricopertura vegetale e di pittura dell'ambiente: la protagonista è la campanula.

Non per nulla la si definisce simbolo di speranza e di perseveranza: porre rimedio alle distruzioni perpetrate dagli umani nell'ambiente è un lavoro a tempo pieno, massacrante e senza fine.


Eppure appare molto fragile e delicata con quei fusti sottilissimi disseminati di foglie altrettanto fini e quei boccioli con sfumature biancastre messi in evidenza dagli stellati sepali verde scuro del calice piuttosto consistente.

Quando le corolle cominciano ad aprirsi il peso aumenta e di solito tutte queste campanelle tendono a inclinarsi e a distendersi al suolo, dove forse avvertono anche temperature più idonee.


L'azzurro con variazioni di tono che evitano sicuramente la monotonia merita di essere osservato in controluce per scoprirne le delicate venature ed anche i chiari stami che illuminano l'ombra dell'interno.


Per ultimo giunge a maturazione lo stimma, prima diritto e tutto chiuso, poi suddiviso in 3 riccioli inarcati pronti ad afferrare e ingoiare il polline che giungerà da altri fiori.

giovedì 25 luglio 2013

Digitale

(Digitalis grandiflora)

(dialettale:  )


Appare d'estate nei margini assolati dei boschi o su cascate di terreno pietroso: non è facile incontrarla, ma subito si distingue per l'infiorescenza appariscente e duratura.

Per la sua strana forma a ditale ha ottenuto il suo nome ed ha anche stimolato la nascita di fiabe e leggende come quella per cui le fate  amino dormire in queste incantevoli corolle e quindi non sia opportuno raccoglierla per non irritare l'ospite che si ritroverebbe in un luogo sconosciuto.


Il significato simbolico è 'Io lavoro per te', quindi se un maschio invia ad una ragazza questo fiore è come se volesse esprimerle di desiderio di costruire per lei un nido  e se lo facesse la donna vorrebbe dire 'Sto preparando il mio corredo'.

Non si sa però se nelle  faccende amorose  risulti determinante, di certo  questa pianta viene usata per curare le insufficienze cardiache e regolare il ritmo del cuore, forse anche quello dovuto al mal d'amore.


Le sue corolle campanulate, ma con un tubo rigonfio che sembra una vecchia ciabatta deformata, mostrano un pallido color giallo che all'interno si scurisce tramite linee, punti e macchie sempre più fitte man mano che si procede verso il fondo.

Il bordo è delimitato da 4 lobi, rivolti all'indietro da parere  troncati quelli superiori, più espanso  e con forma triangolare quello in basso sul quale s'estende una bella scia di peli, forse un tappeto per gli insetti impollinatori.


Nell'arcata in alto s'annidano 4-5 stami arcuati e di lunghezza diversa e fa capolino un pistillo con stimma a doppia punta: tutto è ben visibile perché le foglie  restano in basso a rispettosa distanza da tale magnificenza.

mercoledì 24 luglio 2013

Lilioasfodelo minore

(Anthericum ramosum)

(dialettale:  )


Quando le erbe cominciano ad assumere quella tinta ocra , sinonimo di declino e morte, ecco che affiorano da questa nuvola avvizzita dei piccoli fiori bianchi tutta freschezza.
L'effetto di contrasto appare ancora più pronunciato perché prediligono stabilirsi su bordi asciutti ed aridi e su scarpate sassose dove rapidamente altre piante perdono  la loro umida consistenza.



Questo similgiglio s'innalza su fusti eretti e lisci, abbastanza ramificati, che lasciano poche foglie grigie, lineari e sottili, molto in basso, quasi nascoste nel groviglio delle erbe.

I fiori che da chiusi hanno sfumature lievemente verdastre e forma simile a quelli dell'asfodelo, ma disposti qua e là distanziati sui ramoscelli, da aperti dispiegano fortemente le corolle, come lampade pronte ad illuminare la zona circostante.


I 6 candidi tepali a stella, allungati e riflettenti la luce, tengono tra loro una buona distanza, curvandosi un po' all'indietro via via che maturano quasi ad esibire i 6 bianchi stami con grosse antere giallastre e il pistillo che li supera tutti in lunghezza..

Come ogni liliacea, è tutta una simmetria basata sul 3, numero perfetto si diceva, come perfette sono la luminosità, la leggerezza e la distinzione del lilioasfodelo.



martedì 23 luglio 2013

Vedovella selvatica

(Scabiosa columbaria)

(dialettale: )

Incuriosisce il suo nome comune 'vedovella', ma l'immagine che suggerisce quando il suo fiore ondeggia solitario sull'alto e sottile stelo levigato è proprio quella di chi è rimasto solo a guardare gli altri magari riuniti in grosse adunate a farsi compagnia e a darsi reciproco coraggio.

Più aspra la denominazione 'scabiosa', sembra qualcosa da evitare, invece pare che le fosse un tempo attribuito perchè veniva usata per curare le affezioni della pelle, come la scabbia e quindi era lei che contribuiva ad allontanare le cose spiacevoli.


La pianta, che è tutta tesa verso l'alto, mostra foglie opposte, oblunghe e profondamente incise, quasi a formare un leggero merletto; si rimpiccioliscono via via lungo il fusto che ogni tanto si ramifica ma che appare sempre più nudo.


In cima si forma un capolino arrotondato che sul retro sfoggia un calice con sottilissimi sepali verde scuro che fanno da vassoio a miniboccioli arrotondati e raggrumati in ordinati cerchi, talmente fitti da formare una specie di cupola trapuntata.


Quando si aprono, i fiori più esterni si differenziano per le dimensioni maggiori rispetto ai centrali: sono composti da corolle a 5 lobi di cui i 3 inferiori molto più grandi dei 2 superiori che quasi non si notano, mentre lentamente tutta la superficie va a ricoprirsi di una distesa di antere delicatamente sospese su questa distesa lilla.

Ma l'elemento più attraente e particolare è il ricettacolo che rimane dopo la caduta dei petali: cupoliforme, cosparso di tutti i frutticini simili a piccole logge, sembra proprio uno di quei  pinnacoli che si ergono al di sopra di fantastiche dimore orientali.



lunedì 22 luglio 2013

Verbasco

(Verbascum nigrum)

(dialettale: erbasko)


Sul margine di strade sassose, in posizione isolata come se disdegnasse la compagnia di altre piante, spicca una rosetta ordinata di foglie, grigiastre soprattutto nella parte inferiore per la presenza di una specie di vello, utile a proteggerla sia dal freddo che dal caldo eccessivo.

Per un anno non avvengono molti cambiamenti, se non una lenta crescita di questo argenteo cespo lanuginoso, ma poi ecco proiettarsi senza risparmio  verso il cielo una spiga robusta, accompagnata da foglie che si dispongono lungo lo stelo in ordine di grandezza decrescente, fino a sembrare un ricciolo arcuato da damina  dell'ottocento.


Il tutto continua ad essere cosparso di peli, ora anche leggermente vischiosi, che rendono un po' appiccicaticcia l'infiorescenza, a questo punto così imponente da incutere un certo rispetto.

Ogni calice con i suoi 5 apici acuti imprigiona un fiore giallo con riflessi lucenti e macchie porpora alla base, dilatato in 4-5 lobi un po' irregolari.


Spettacolari sono i 5 stami che indossano un vestito di peli rosso-mattone, i 2 posti più in alto e più vicino al grosso pistillo maturano in tempi diversi dagli altri.

'Le tue qualità sono molte' è il messaggio che gli umani affidano a questo fiore e certamente tale complimento lo merita per prima questa stessa pianta per le sue particolarità nell'aspetto e per le proprietà medicinali che gli umani hanno spesso sfruttato.


domenica 21 luglio 2013

Alchemilla

(Alchemilla vulgaris)

(dialettale: )


Il nome di questa piantina deriva non casualmente da 'alchimia' perché gli alchimisti medioevali utilizzavano le grosse perle rugiadose, che si formano sulle sue foglie di notte, per tentare di estrarre l'oro dai metalli vili.

Pensavano ad un miracolo e  le chiamavano 'acqua celestiale', non avendo ancora appurato che questo fenomeno si verifica quando l'aria troppo satura di umidità non permette alle foglie di traspirare e pertanto esse eliminano l'acqua in forma liquida invece che sotto forma di vapore.


Qualcuno la denomina 'ventaglina' per la forma delle foglie verde glauco che mostrano dai 7 agli 11 lobi dentati,che appaiono leggermente ripiegati lungo la linea mediana, quasi a convogliare queste gocce di rugiada nella direzione più opportuna, assomigliando così a ombrelli rovesciati.

Nel gergo comune diventa anche 'erba stella' per i suoi fiori verde chiaro, formati da 2 verticilli di 4 sepali ciascuno che le danno l'aspetto di stelline splendenti sospese su una leggera infiorescenza .


Non sono dotati quindi di veri petali, ma da un calice e un calicetto con un massimo di 4 stami privi di antere, cioè mancano gli organi maschili produttori di polline.

I frutti però si formano lo stesso, quindi pare che, anche senza apparente fecondazione, qualcuno sia capace di riprodursi. 


sabato 20 luglio 2013

Veratro

(Veratrum album)

(dialettale: erbasco)


In Valpiana si estendono dei prati umidi che in estate appaiono come altari costellati da una miriade di candelabri alti e verdastri: sono le piante di veratro in fiore.

Già esse attirano l'attenzione molto prima per il rigoglio del loro fogliame che si presenta ricco e folto, composto da cilindrici fusti eretti inguainati da foglie basali oblunghe ed ampie con numerose nervature  e pieghe longitudinali in rilievo.


Lentamente l'asse fiorale s'allunga , le foglie si trasformano in brattee e dall'ascella di ognuna si protende un breve peduncolo che sorregge un fiore.

I fiori, su questo stelo o sacro o sinistro a seconda dei punti di vista, sono però innumerevoli e tutti formati da 6 tepali ovali e ben disposti a raggiera, all'esterno di color bianchiccio e all'interno di quel verde mela che da l'idea del marcio; sottolineano l'aspetto tenebroso anche 6 stami con tonde antere giallastre ripiegate verso il basso, come arpioni pronti ad infilzare.


'La tua indifferenza mi uccide' è il significato preoccupante assegnato al veratro che è pianta velenosa in tutte le sue parti ed anche così forte da prendere il sopravvento sulle altre erbe del prato.

Si dice che la prima fioritura avvenga dopo che il suo rizoma nerastro si è sviluppato nel terreno per 10 anni; sembra che ciò però non sia del tutto esatto, perché, in quest'anno molto fresco ed umido, pare che tutte le piante presenti abbiano voluto mostrarci il fascino mortale della loro fioritura.

venerdì 19 luglio 2013

Vilucchio bianco

(Convolvulus sepium)

(dialettale: beluriga)


Ci sono piante che, per sfuggire ai rigori fatali dell'inverno, nascondono una parte del loro corpo, il fusto biancastro lungo e più o meno ingrossato, sotto terra dove regna una temperatura più dolce; ma esse hanno anche bisogno di luce, perciò appena la primavera fa sentire i suoi benefici effetti, ecco che appaiono sotto forma di filo verdastro, occhieggiano un po' e stabiliscono la direzione da prendere.

Una di queste è il convolvolo, il quale, infido e malandrino, nascosto nel terreno,continua a viaggiare con i suoi fusti colonizzando ampi spazi e prendendosi gioco di tutti perché, anche se si strappa la sua parte visibile appena  esce dalla sua tomba, dopo pochissimo tempo ricompare.


Evidentemente la sua fame di sole, dopo il buio, deve essere notevole perchè il fusto, chissà in che modo, individua subito un sostegno a cui aggrapparsi come fosse sfinito; il convolvolo s'avvolge da destra a sinistra e in un battibaleno, fedele alle abitudini dei suoi antenati, arriva alla sommità presentando intanto le sue foglie fatte a punta di lancia, e poi dondola nel vuoto ed oscilla cercando altre possibilità o il vento che lo spinga verso un'altra pianta che avviluppa nelle sue spire.

E lassù si aprono le sue grosse bianche corolle a trombetta, composte da varie parti triangolari simmetriche, lucenti come porcellana. Una piega rilevata ed una infossata mettono in risalto questa struttura a imbuto e in fondo s'aprono 5 fori che sono in corrispondenza con un anello arancione che sta attorno all'ovario e che produce il nettare.


La posizione degli stami raggruppati attorno al pistillo o slargati indicano gli stadi di maturazione del fiore che resta aperto solo per un certo numero di ore, finché, avvenuta la fecondazione, si rinchiude per sempre e con esso la sua bellezza. 

giovedì 18 luglio 2013

Gladiolo

(Gladiolus palustris)

(dialettale: spade)


'Spade' erano volgarmente chiamati un tempo i fasci di foglie di questa pianticella, foglie orgogliosamente erette in modo da esporre al sole una faccia sinistra ed una destra uguali tra loro, con nervature parallele abbastanza rilevate e una punta aguzza pronta a colpire; e difatti il latino 'gladiolus' significa 'piccola spada'.

Cresce in prati umidi, i quali però nella stagione calda possono diventare duri e compatti, da un piccolo bulbo, avvolto da brune fibre intrecciate, a forma di pallina schiacciata ai poli.



Dopo che le foglie verde cupo si sono ben sviluppate appare un fusto gracile e un po' contorto nella cui estremità superiore si dispongono i fiori color porpora più o meno intenso.

Il primo ad aprire la propria corolla è quello più in basso, sopra il quale si allineano ordinatamente gli altri boccioli, tutti rivolti dallo stesso lato, come a voler guardare nella stessa direzione.


Le corolle sono leggermente curvate verso terra, facendosi strada fra brevi brattee pallide e mostrano una metà destra simmetrica di quella sinistra: il tepalo superiore forma una specie di tettoia, i due laterali sono simili ad ali distanziate dal resto e i 3 inferiori quasi sovrapposti sfoggiano striature più chiare e più scure, consuete indicazioni agli insetti sulla via da seguire.

Protetti dal tettuccio se ne stanno 3 stami ricurvi con filamenti piuttosto curvi e un pistillo evidente terminante a tre punte; la sua avvenenza è tale che suscita negli umani irrefrenabile desiderio di impadronirsene, per cui è stato dichiarato 'pianta protetta'.

mercoledì 17 luglio 2013

Tiglio

(Tilia cordata)

(dialettale: taier)


Si dice che il tiglio porti fortuna, magari lentamente perché la sua vita si svolge con calma anche per secoli, in armonia con la maestà e le dimensioni di cui la natura lo ha dotato.
Un tempo nei paesi nordici veniva piantato ai margini dei campi per allontanare il malocchio e non c'era rito magico che si potesse svolgere senza la potenza propiziatrice di un mazzetto di fiori di tiglio.

Da grande è un albero imponente sia per l'altezza che per la chioma globosa che all'apice svetta con una specie di punta; ha la stessa conformazione di una sua foglia, ma all'ennesima potenza. Lo scelgono come abitazione frotte di uccelli che sanno dove l'aria è balsamica e dove trovare rifugio tranquillo, essendo questa pianta anche il simbolo di pace, dolcezza e amore coniugale.


Le foglie semplici, acutamente seghettate, sono fittissime e leggermente inclinate a riparare i fiori che si sviluppano tutti bene allineati  lungo i ramoscelli nella zona sottostante.

I fiori, dal profumo dolcissimo, quasi paradisiaco sono particolari: se ne stanno radunati in piccoli grappoli, più o meno pendenti, appesi per mezzo di un picciolo sottile al ramo ed esso ha alla base una specie di lunga brattea pallida, valida aiutante nel volo che si dovrà fare per allontanarsi dalla pianta madre.


Ogni fiore ha un calice di 5 sepali, una corolla di altrettanti petali bianco-giallicci, numerosi stami e un grosso pistillo. una coppa ripiena di gemme luminose!

martedì 16 luglio 2013

Cicoria

(Cichorium intybus)

(dialettale: radicio)


La sua grossa radice a fittone sprofonda nel buio della terra e con molta difficoltà si lascia strappare tutta intera dalla sua sede da dove alimenta una rosetta di foglie ruvide, inferiormente pelose e con margini sinuosi ed intagliati.

Esse, dal sapore assai amaro ma ricche di sostanze utili, vengono spesso raccolte per le loro virtù medicinali note fin dall'antichità.


Questo succede nel primo anno di vita: ma nel secondo le materie di riserva accumulate nella radice producono un fusto eretto, alto e flessuoso, molto ramificato fin dalla base.

Su di esso si formano foglioline cigliate, rossicce che si aprono a coppa per proteggere l'infiorescenza solitaria o a gruppi di 2-3.

I fiori, di un azzurro che ricorda certi cieli dipinti, osservati al mattino quando si risvegliano e si riaprono, danno a chi li contempla una serenità ed una freschezza d'idee come pochi altri; non per nulla un tempo era considerata un'erba consacrata al sole.


Ogni linguetta, delicata come seta, corredata da dentini che coronano l'estremità libera dei petali, più chiari verso l'attaccatura, s'appoggia sulle altre dando origine a graziose girandole che sembrano su punto di ruotare.

Nel centro stanno radunati i fiori con stami e pistilli, protetti dall'umidità e dalla mancanza di sole dagli esterni che si rinchiudono sopra il centro del disco. Mirabile distribuzione di compiti al fine di preservare intatta la forza fecondante del polline.


lunedì 15 luglio 2013

Campanula agglomerata

(Campanula glomerata)

(dialettale: canpanela)

Il nome fa capire subito che la corolla ha una forma simile alla campana: in questo caso più campanelle appressate, anche se, appena compaiono, una sola è schiusa mentre gli altri boccioli le fanno corona aspettando il proprio turno di apertura.

Il loro colore varia, ma in genere fanno sfoggio di tutte le tonalità del blu fino ad arrivare al bianco crema, probabilmente perché è una pianta che modifica facilmente i propri caratteri, oltre che nella tinta, anche nel modo di essere dell'infiorescenza, nella posizione delle foglie, nella presenza di peli.


Da una rosetta di foglie dalla forma di cuore oblungo si stacca verso giugno un asse fiorale arrossato ed allungato, con pochissime foglie ridotte a lingue che lo inguainano: all'apice svetta un fascio denso di fiori, ognuno col suo calice lievemente peloso terminante in denti acuti sul quale s'innesta la corolla.

Essa ha i petali saldati che poi si suddividono in 5 lobi sottolineati da una linea centrale più scura da cui emerge uno stilo peloso che sporge mettendo in mostra uno stimma con 3 o 4 filamenti ricurvi.


Nonostante l'aspetto così gioioso, si diceva un tempo che la campanella fosse abitata da fate maligne, sicché un prato che ne è pieno può essere luogo di incantesimo e malie: e davvero non puoi sottrarti alla sua magia di farti restare incantato ad ammirarne la solida, fresca avvenenza in un prato estivo ormai tendente al giallastro.

domenica 14 luglio 2013

Astrantia maggiore

(Astrantia major)

(dialettale:  )

Se i fiori sono amati da tante persone è anche perché sono tra le creature più colorate del mondo vivente. Ci sono però corolle apparentemente dimesse, che s'accontentano di velare di verde, nelle sue diverse gamme, il bianco dei petali; pennellate di clorofilla in piante che non attirano usando tinte chiassose ma altri espedienti, forme, profumi, sapori: l'astrantia è una di queste.


Cresce nei luoghi ombrosi ed umidi, un po' in penombra; mostra dapprima poche foglie alla base dal lungo picciolo cavo con foglie suddivise in 5-7 lobi profondi e seghettati, a loro volta tripartiti e dentati, ornate di lievi peli al vertice di ognuno.

Le infiorescenze sono ombrelle che fuoriescono da un involucro  che sembra una foglia avvolgente per un tratto e che poi si dilata in 5 lobi semplici: ognuna porta centralmente un fiore composto più grosso che sboccia per primo e tutt'attorno altri in numero di due o tre, più minuti.


Brattee rosate o bianche con macchie di verde, le quali rivolgono i loro apici triangolari verso l'interno racchiudono un capolino da cui si dipartono minuscoli fiori 'filamento-corolla' e fiori 'sacco-petali, stami, pistilli'.


Non può che essere questa un'intricata spiegazione a parole che non rende giustizia alla sofisticata eleganza e alla tremula bellezza di questo fiore mimetico. 

sabato 13 luglio 2013

Viperina azzurra

(Echium vulgare)

(dialettale:  )


Nelle zone sassose caratterizzate da un senso di selvaggio abbandono e di comunità disordinata di erbacce, vive la viperina: pianta con peli setolosi, rigidi, pungenti e con foglie oblunghe ed arcuate protette anch'esse da una fitta peluria.

Se tu la sfiori inavvertitamente, risponde subito anche ad un tocco leggero con una punzecchiatura non dolorosa ma che sa di avvertimento.


Pensi subito 'Ha cattivo carattere questa qua' e poi quando ne conosci il nome 'Non poteva che avere il nome di una serpe!' ; infatti il suo appellativo deriva dal greco 'echis' - vipera.

Quando però tutto lo stelo comincia ad allungarsi formando una specie di piramide, che si sviluppa in un'infiorescenza composta da foglie poste ad intervalli regolari, alla cui ascella che li avvolge quasi a proteggerli, sbocciano i fiori, resti un po' sorpreso da tanta grazia.

Essi non hanno spine aguzze, ma tenere corolle color blu cielo di montagna, aperte a campana e derivanti da boccioli fiorali rosati: è una bellezza da contrasto, ma sempre di bellezza si parla.


La corolla irregolare si dispiega all'indietro con i suoi 5 lobi di diversa ampiezza, quasi a mettere meglio in mostra i suoi lunghi stami rosati e il pistillo biancastro che s'affacciano con l'aria di chi dice 'Oh, com'è bello il mondo!'