giovedì 31 ottobre 2013

Erba medica

(Medicago sativa)

(dialettale: spagna)


La quantità di nomi assegnati all'erba medica fa intuire che è la protagonista di una lunga storia e che ha viaggiato molto nel mondo: proviene dalla Media, regione dell'antica Persia e fu introdotta in Grecia e in Italia.

Caduta in disuso la sua coltivazione durante il Medioevo, fu riportata in Spagna (ecco il perché di erba spagna) dagli Arabi che la chiamavano 'al fal fa - padre di tutti i cibi', da cui è derivato alfa- alfa; qualcuno addirittura la indicava come 'erba merica', forse pensando che fosse una novità proveniente dal nuovo mondo.


Leguminosa da prato, quindi foraggio per gli animali, ma ora ritenuta anche scrigno di utili principi attivi per gli umani, pare che riesca ad arricchirsi di tutte queste sostanze nutritive per mezzo delle sue radici lunghissime, in grado di andare alla ricerca  di sali minerali idonei nelle profondità del terreno.

Da una corona basale s'innalzano più steli cavi con foglie trifogliate di un verde chiaro, che si scuriscono invecchiando, accompagnate alla base da stipule finemente acuminate.

L'infiorescenza è un insieme di affusolate corolle  azzurro violacee con i  5 petali di varia dimensione e disposizione, tra i quali gli organi sessuali possono procedere anche all'auto impollinazione, pur attirando insetti con il loro leggero profumo ed offrendo nettare.

Tutto avviene frettolosamente in questa pianta: germina con rapidità e dopo 3 mesi dalla semina produce già nuovo seme e, se falciata, in un battibaleno ricresce anche più volte in un anno.

mercoledì 30 ottobre 2013

Astragalo falsa liquirizia

(Astragalus glycyphyllos)

(dialettale: biso selvarego)


Da un bel cespo arrotondato di foglie fresche e chiare s'espandono tutto attorno in modo dilagante dei fusti striscianti i quali, se costretti dalla loro posizione in mezzo a piante più alte, s'appoggiano alle loro fronde innalzandosi, pur restando in parte nascosti nell'ombra.

Portano foglie alternate e composte da segmenti ellittici e lisci in numero dispari; pare che abbiano qualche rapporto con la dolcezza, visto anche il nome 'glycyphyllos'  da 'glykys - dolce' e ' phyllon - foglia'.


Forse sono dolci per gli erbivori che le apprezzano molto oppure perché gli umani opportunisti l'hanno talvolta usata come surrogato della vera liquirizia, chiamandola per questo 'bastarda'.

All'ascella del picciolo delle foglie si siedono su uno stelo eretto dei fiori un po' distanziati tra loro, di un giallo molto pallido, talvolta tendente al verdognolo, che svanisce rapidamente nel marrone o nero dell'appassimento.


Le corolle, lievemente profumate, hanno 5 petali e il tipico aspetto delle papilionacee, con i 10 stami e il pistillo racchiusi nei due petali inferiori rinchiusi a carena. Il tutto diventerà un baccello scuro, lievemente ricurvo e angoloso con molti semi rossicci.

martedì 29 ottobre 2013

Salvastrella minore

(Sanguisorba minor)

(dialettale: pimpinela)


'Bere il sangue' è il significato del nome Sanguisorba, ma non perché la pianta sia un vampiro; la sua infiorescenza appare comunque misteriosa ed indecifrabile, quasi una testa reticolata percorsa da sfumature rossastre: nell'antichità è forse bastato questo 'segno' per assegnare alla pianta particolari capacità antiemorragiche e cicatrizzanti.


Del resto questo capolino fiorale sferico riserva diverse sorprese: infatti è come un armadio dove sono ordinatamente disposti i singoli piccolissimi fiori a seconda della loro funzione.

Nella zona superiore sono adagiati soltanto fiori femminili, nudi perché portano il solo ovario con stimma piumato roseo o rosso.
Al centro se ne stanno fiori completi nei loro componenti sessuali maschili e femminili, con stami rannicchiati all'interno e nessun accenno di corolla e petali.

In basso stazionano fiori  maschili, in pratica stami sporgenti e penzolanti con antere gialle, il cui polline è affidato al trasporto sulla sommità di altri fiori dal vento.


Ognuno è accomodato in una specie di coppetta verdastra che sarebbe il calice, il quale s'apre mostrando 4 sepali ovali con qualche sfumatura porporina.

Ornamentali sono anche le foglie composte, sul cui asse centrale convergono numerose foglioline ovali, dentellate ai margini, il cui odore è simile a quello del cetriolo; e sono proprio le foglie giovani e tenere a divenire gradevole elemento nelle zuppe di verdure selvatiche, nelle salse e nelle bevande aromatizzate rinfrescanti.

lunedì 28 ottobre 2013

Mazza d'oro comune

(Lysimachia vulgaris)

(dialettale:   )


Che bel nome 'mazza d'oro': fa pensare a qualcosa di molto prezioso; ed in effetti le infiorescenze di questa pianta, che sembrano campanili dalla struttura piramidale, svettanti orgogliose nella loro veste giallo intenso, trasmettono anche una sensazione di forza e di sicurezza.

I fiori, disposti a gruppetti su corti peduncoli, uscenti in corrispondenza di 3 foglie che li accompagnano fino all'ultimo raggruppamento all'apice, e avvolti da calici con punte aguzze bordate di rosso, aprono corolle campanulate con 5 lobi.


Appaiono a fine estate e contrastano vivamente con la parte inferiore dei fusti, sui quali a distanze regolari si distendono, a 3 a 3, foglie lanceolate  con margine ondulato e nervature molto rilevate, il tutto sottolineato da un verde scuro lucente, sintomo di forte rigoglio.

E difatti questa Lysimachia, prima di mostrare la sua dorata fioritura, aspetta di essersi ben ambientata nel luogo scelto che di solito è in prati umidi o al margine di canneti e corsi d'acqua.

Invia da un primo rizoma un lungo stolone, elastico e superficiale ad indagare nelle vicinanze, facendolo fissare con nuove radici  e sviluppare un fusto foglioso da cui parte un nuovo stolone ed avanti così finché si forma una bella colonia di robusti ed ingombranti steli pronti a produrre anche i fiori.

Il nome ricorda un medico greco dell'antichità, Lisimaco, e pare che la pianta fosse ritenuta capace anche di scacciare gli insetti, tanto che si appendeva al collo degli animali per liberarli dal fastidio della presenza di questi fastidiosi ospiti o si bruciava nelle case ritenendo il suo fumo un buon repellente.

domenica 27 ottobre 2013

Dente di leone comune

(Leontodon hispidus)

(dialettale: radicela)


I prati fertili dopo l'ultima falciatura, ed anche i pascoli, si riempiono dei fiori dorati del dente di leone comune, i quali però non riescono a farli brillare come quando, in primavera, il tarassaco li riempie e li ravviva completamente per la vicinanza dei suoi grandi capolini.

Per ogni stelo di leontodon che s'innalza privo di foglie c'è un capolino, dapprima rivolto verso il basso, ma che poi si rialza e distende i suoi fiori, di grandezza ridotta e più distanziati uno dall'altro, originando un effetto punteggiatura sui terreni.


L'involucro ha forma allungata con squame lanceolate che accompagnano per lungo tratto i fiori, tutti con una lunga lingua leggermente dentata sul bordo e tinti di giallo vivo superiormente e sfumati di rosso nella parte inferiore.

All'interno di ciascuno spiccano 5 stami che circondano uno stilo filiforme, protetti dai lobi allungati di ogni fiore, che si rinchiudono a sera o in caso di maltempo.

A livello del suolo stanno foglie disposte a rosetta  che mostrano diversi lobi con margini sinuosi costellati di denti acuti e percorse da una nervatura centrale rossiccia che si prolunga in un picciolo rossastro; a questa forma dentellata si riferisce il nome altisonante che deriva da 'leon - leone' e 'odous - dente'.

E sul finire dell'inverno sono tra le prime a comparire belle, verdi e fresche, tanto da diventare cibo cotto o crudo per gli umani che le sanno riconoscere.

sabato 26 ottobre 2013

Erba milza comune

(Chrysosplenium alternifolium)

(dialettale:   )


La sua dimora ideale è in riva ai ruscelli o sulle scarpate rivolte a Nord dove l'umidità delle piogge impiega molto tempo ad asciugare, con preferenza per terreni ricchi di sostanze nutritive: lì l'erba milza o specchio d'oro appare come una decorazione preziosa tra una miriade di erbe ordinarie.

La sua modesta altezza e le foglie basali a rosetta striscianti sul terreno non la farebbero certo notare, ma quelle addensate all'estremità del fusto ascendente hanno un aspetto di una squisita eleganza.


Disposte ben distese a mo' di collare di sostegno alla base dei fiori, sono un vero ricamo: carnosette e tondeggianti  sfoggiano lobi con margini a balze di un verde sfumato di giallo incredibile.

Al di sopra piccoli cespi di fiori a scodella sfoggiano un calice con 4 sepali giallastri e consistenti, rivolti all'indietro, che si sono assunti il ruolo di petali, dato che questi sono assenti.


Ben visibili sono invece gli 8 stami che potrebbero anche essere un numero diverso e 2 stili con stimmi ottusi. Una vera bellezza quest'erba, anche un po' rara, il cui riferimento alla milza deriva dal fatto che un tempo si pensava che potesse guarire quest'organo umano.

venerdì 25 ottobre 2013

Tossilaggine alpina

(Homogyne alpina)

(dialettale:   )


La tossilaggine alpina si caratterizza per il fatto di essere dotata di un fusto formato da un unico stelo il quale sorregge un solo fiore che sembra eternamente in boccio oppure già appassito.

Quasi più particolare ed appariscente appare la sua rosetta basale di foglie, tutte ben distese sul terreno, dipinte di un brillante verde intenso sopra e sotto.


La loro lamina arrotondata, un po' ondulata e gonfia negli spazi tra le nervature, con un'insenatura profonda dove il picciolo lanuginoso si congiunge ad essa, deve assorbire tutto lo sforzo di cui la pianticella è fornita, perché poi, lungo il fusto, appaiono soltanto due minuscole brattee ben distanziate tra loro.

All'apice di questo stelo nudo, rossiccio e lanoso sta un capolino con il suo involucro cilindrico nel quale s'addossano strettamente fiori a tubo: al centro quelli bisessuali con corolla a 5 denti circondata da un ciuffetto di peli.


In posizione esterna stanno i femminili filiformi, anch'essi avvolti dal pappo di peli; la  tinta di tutti appare biancastra con lievi sfumature rosate e lilla, come se l'infiorescenza fosse stata antichizzata. 

Emergono le antere brune e lo stilo, unico per ogni fiore, ma svettando numerosi e leggeri, alleggeriscono e  vivacizzano questa modesta piantina.

giovedì 24 ottobre 2013

Ginestrino

(Lotus corniculatus)

(dialettale: galet)

Osservandone alcune parti, il ginestrino appare come un grande imitatore: i suoi baccelli radianti sono simili a zampe d'uccello, così come la sua corolla può far pensare alla testa di un rapace o di un pappagallo con un becco vistoso sotto una cresta arrotondata.


Il pastoso colore giallo percorso da striature rossicce e soffuso di rosso aranciato all'esterno delle sue fresche infiorescenze lo ha fatto denominare nei paesi anglosassoni 'bacon and eggs - uova e pancetta'.

Come ogni leguminosa che si rispetti, il fiore irregolare, nel suo insieme, tenta di farsi passare per una farfalla, mentre la carena funziona quasi come un tubetto di dentifricio: infatti essa si presenta nella parte terminale in forma di tubo conico con un forellino aperto in punta. dentro cui stanno gli stami.


Se un insetto atterra per cercare del nettare, la carena s'abbassa mentre il fascetto degli stami col pistillo resta rigido e preme sul polline depositato nel tubo e lo spinge fuori dalla fessura all'apice simile ad un sottile vermetto giallastro che va ad appiccicarsi alla parte inferiore del corpo dell'ospite. Alla fine dal buchetto uscirà lo stimma maturo che potrà ricevere il polline di altri fiori.

Appena al di sotto dei calici tubolari  se ne stanno, come a fare la guardia, delle brattee a 3 lobi,e ancora più in basso si distende un abbondante fogliame composto da foglioline riunite a 3 a 3 e capaci di movimenti  a seconda della luminosità e dell'umidità atmosferica.


Conosciuta fin dall'antichità e coltivata come cibo per il bestiame, da cui ha avuto origine il nome  'lotos - pianta foraggera', nutre anche il terreno perché ha un rapporto simbiotico con alcuni batteri del suolo i quali formano noduli sulle radici fissando l'azoto atmosferico.


mercoledì 23 ottobre 2013

Senecione comune

(Senecio vulgaris)

(dialettale:   )


Modesta erbacea annuale a cui nessuno bada se non per eliminarla dagli orti e dai giardini, il senecione comune germina e si sviluppa nelle zone coltivate, ma anche ai bordi delle strade e dei sentieri, nelle zone sassose e dove le piante sono rade, in genere segue l'uomo civilizzato ovunque si trasferisce.


Umile sì, ma non certo privo di difese: infatti tutte le sue parti sono tossiche, tranne i semi per gli uccelli e le foglie per i conigli, si autofeconda e i suoi semi, che vengono prodotti almeno tre volte l'anno e sono numerosissimi, germinano tutti, e in buona parte anche quelli delle piante tagliate.

La disseminazione è prevalentemente supportata dal vento che elimina a poco a poco dai pappi gli acheni con il loro lungo vessillo piumato. Forse da questa somiglianza ai capelli bianchi di un anziano che a mano a mano, cadendo, lasciano vedere una testa spoglia è derivato il nome, da 'senex- vecchio uomo'.


Estremamente variabile in tutte le sue parti, il senecione ha consistenza carnosa ed un unico gambo eretto, con foglie di un fresco verde, suddivise in tanti lobi dentati, somiglianti a foglie di quercia.

I fiori che si riuniscono in diversi piccoli capolini sembrano bottoncini cilindrici, composti da un involucro rivestito da una prima serie di squame triangolari punteggiate di nero e da una seconda di forma allungata e ripiegate superiormente a nascondere i fiori anche per diverse settimane.


All'apertura spicca un assembramento di minuscoli fiori gialli a tubo che lasciano sporgere soltanto i 5 denti, nascondendo 5 stami e un unico stilo; talvolta reclinano verso il basso come se per la pianta rappresentassero un peso eccessivo, ma forse è un modo per evitare che si bagnino.

martedì 22 ottobre 2013

Vincetossico comune

(Vincetoxicum hirundinaria)

(dialettale:   )


Nell'ombra rada del sottobosco, dove il sole riesce a penetrare, si sviluppa un'asclepiade che può alzarsi anche fino ad un metro di altezza, così ordinata nel portamento da sembrare un soldatino sull'attenti.


Infatti su un fusto cavo, semplice e diritto, con peluria geometricamente disposta su 2 linee s'aprono, una di fronte all'altra ed uscenti dallo stesso nodo, delle foglie oblunghe dipinte di un verde severo, solo in parte alleggerito nella lamina inferiore da reticoli più chiari.

Tra le foglie così disposte in lunghe file s'affaccia un peduncolo che regge un gruppo di fiori imbutiformi dall'aspetto semplice, su calici  verdastri con  denti lineari.

Le corolle bianche o appena giallognole distendono, incurvandoli, 5 lobi allungati simili a petali; la cosa che li caratterizza è una corona di appendici nettarifere che circondano gli organi sessuali, tra cui gli stami uniti a formare una specie di colonna.


Il nome 'vincetoxicum' spiega da solo la credenza antica che fosse efficace contro gli avvelenamenti; è invece una pianta tossica per gli umani, pur potendo utilizzare per varie terapie i rizomi e le radici. 

Non è però velenosa  per un fungo che si può insediare sulle foglie a maggio, giugno sotto forma di piccole pustole arancioni e da lì questo Cronartium flaccidum può proseguire le sue fasi di sviluppo trasferendosi sull'ospite principale che è il pino, riempiendo di polvere rugginosa gli aghi e poi diffondendosi alla corteccia dei rami e del tronco. 

venerdì 18 ottobre 2013

Ruchetta selvatica

(Diplotaxis tenuifolia)

(dialettale: rucola)


Al riparo dei muriccioli dirupati di vecchie case, un'erbacea con portamento eretto s'appoggia alle pietre e mette in mostra dei fiori di un giallo pastoso ed intenso: è la ruchetta selvatica.


Da una radice a fittone s'innalza un fusto inizialmente legnoso e poi suddiviso in diversi rami con un buon numero di foglie di un verde glauco, un po' carnose, profondamente suddivise in lobi stretti e corredate di denti; lo spiega anche il suo nome, dal latino 'tenuis - strette e 'folia - foglie'.

Gli umani le mangiano in insalata miste a quelle di altre piante perché hanno un sapore piccante che può essere ritenuto gradevole o sgradito a seconda dei gusti; nel momento in cui vengono schiacciate, esse sprigionano anche un aroma caratteristico e penetrante, dovuto alla presenza di sostanze solforate, che la pianta produce per spaventare gli assalitori e che il naso umano talvolta interpreta come se fosse stato colpito da un improvviso colpo di freddo.


Le infiorescenze all'apice dei rami sono composte da piccoli fiori portati da piccioli lunghi con 4 petali spatolati disposti in croce e sorretti da un calice con 4 sepali verdi in diagonale rispetto ai petali; all'interno 4 stami lunghi e 2 brevi e un pistillo diritto. 
Una struttura di disarmante semplicità per una pianticella che sa come difendersi.

mercoledì 16 ottobre 2013

Edera comune

(Hedera helix)

(dialettale: edera)


'Avvinta come l'edera' proclama una famosa canzone e davvero, per fissarsi alla scorza degli alberi o alle asperità dei muri , questa pianta provvede a munirsi sulla parte del suo fusto che guarda il sostegno d'una spazzola di uncini che sembrano radici.

Non sono però vere radici, perché non succhiano, servono per attaccarsi alle pareti verticali come i chiodi degli scarponi aiutano l'alpinista a scalare i ghiacciai; d'altra parte svolgono così bene questo compito che l'edera è diventata simbolo dell'amore che spinge ad unirsi strettamente in un abbraccio che dovrebbe durare per sempre.

La sua crescita mostra notevoli aspetti di dualismo: all'inizio della sua vita sviluppa rami lianosi che amano l'ombra, con foglie a 5 lobi, di colore verde cupo, con un interessante disegno dovuto all'incrociarsi delle nervature chiare; più tardi, anche dopo numerosi anni, produce germogli che s'allontanano dai tronchi in cerca di luce e portano foglie romboidali, di un verde chiaro lucidissimo.

E questi sono i rami da fiori, che sbocciano in autunno quando le altre piante entrano in riposo, e i frutti maturano durante l'inverno, come se il freddo  aiutasse l'edera in questo compito di sviluppare ciò che darà origine a nuove vite quando la stagione è morta.


Le infiorescenze sono piccole ombrelle arrotondate, composte da fiori con 5 petali lanceolati giallo- verdastri; alternati a questi spiccano 5 stami con vistose antere gialle e un solo pistillo grassoccio.

Il loro sbocciare tardivo li rende meta di innumerevoli visite da parte di molti insetti, anche perché l'odore non proprio piacevole che emanano attira le mosche che amano le sostanze putrescenti.
Ciò non le è però di ostacolo alla sua buona capacità, secondo l'ente spaziale americano NASA, di assorbire sostanze inquinanti presenti nell'ambiente. 


martedì 15 ottobre 2013

Poligono convolvolo

(Fallopia convolvolus)

(dialettale:   )


Punta in alto il poligono convolvolo, a volte riconosciuto come grano saraceno selvatico o anche con il nome 'Fallopia convolvolus' che è così strano da costringere quasi a chiedersi chi sia; deriva da Gabriele Fallopio, medico e botanico del 1500, proprio quello che s'occupò delle trombe uterine femminili.

La pianta è robusta e resistente, ma fastidiosa perché infesta i campi ed i giardini, dove, se lasciata prosperare, forma dense chiazze competitive arrivando a trascinare a terra le altre specie e a soffocarle.


Infatti i suoi fusti sottili ed angolosi s'avvolgono come spaghi prima in senso antiorario e poi orario agli steli o a qualsiasi altro sostegno che individua e per far questo sembra che aspetti apposta che siano un po' cresciuti. Difatti la germinazione dei suoi semi molto vitali avviene a inizio estate, ma, una volta avviata, la crescita non conosce soste, anche perché sopporta bene la siccità.

Ai nodi mostra stipole inguainanti membranose e lunghi piccioli che portano numerose foglie a forma di cuore con la punta a freccia, di consistenza leggera e di colore chiaro.


All'ascella delle foglie o all'estremità dei fusti quasi nudi si sviluppano infiorescenze a spighetta, composte da fiori molto discreti: sembrano minuscole tazzine formate da 3 tepali esterni bianco rosati con nervatura centrale che sfuma nel verde e 2 interposti, più piccoli, che racchiudono 8 stami e un breve stilo a 3 stimmi.

L'orario di apertura è  verso le ore 20, evidentemente amano la soffusa luce lunare, simile alla loro tinta delicata.


lunedì 14 ottobre 2013

Elianto tuberoso

(Helianthus tuberosus)

(dialettale: tartufola)


In Valpiana esistono soltanto pochi gruppi di elianto tuberoso, in luoghi dove probabilmente un tempo vi erano degli orti; non sempre i fiori fanno in tempo ad aprirsi, visto lo sviluppo  lento a causa delle temperature più basse. Soltanto da qualche anno a questa parte, cioè in concomitanza con autunni più caldi, il giallo solare delle sue corolle vistose ha dato colore all'ambiente.


La pianta si sviluppa annualmente da tuberi di forma nodosa, spesso incastrati tra loro o posti al termine di lunghi rizomi, di colore biancastro o rossiccio; sono organi di riserva derivati da radici che fanno da ripostigli alimentari per le nuove gemme che a primavera dovranno svilupparsi.

E sono serviti da cibo anche per gli umani, in questo caso, per primi, furono i nativi del Nord America a capire che erano commestibili ed anche curativi; difatti hanno minori calorie della patata, favoriscono la funzione digestiva e sono indicati nella dieta delle persone diabetiche per le sostanze che contengono.



L'elianto appare forte e robusto, con il fusto rivestito di grandi foglie ovali, con dentature grossolane sui margini e di un verde opaco quasi polveroso.

Le infiorescenze sono capolini terminali su peduncoli non molto ingrossati; l'involucro come al solito composto da più serie di squame porta una ventina di fiori con lingua lunghissima attorno ai fiori a tubo centrali. I primi sono sterili, i secondi contengono 5 stami con antere abbraccianti l'unico stilo.


Gli sono stati attribuiti diversi nomi, alcuni inspiegabili, come topinambur, carciofo di Gerusalemme, rapa tedesca, artichoke, artichaut du Canada,tartufo di canna... ma non sono altro che cugini alla lontana dei formidabili girasoli dai giganteschi capolini.

domenica 13 ottobre 2013

Cerretta comune

(Serratula tinctoria)

(dialettale:   )


Anche se attorno la vegetazione mostra l'avvicinarsi della stagione fredda, per la cerretta comune pare sia ancora piena estate e per questo spicca vistosamente: le sue foglie a forma di lancia, con margini finemente seghettati sfoggiano un bel verde severo, senza macchie ed accenni di disfacimento autunnale.


Anche il nome 'serratula'  da' serra - sega' allude a questa dentellatura, mentre, come altri vegetali il cui nome di specie è 'tinctoria', è stata utilizzata fin dal Medioevo per colorare filati di lana, lino e cotone mescolando i suoi pigmenti con allume.

Tuttavia non si ottiene il colore rosa, porpora o viola, come si potrebbe pensare tenendo conto della tinta delle sue infiorescenze, ma un particolare giallo tendente al verdastro.


I fiori sono dotati di un involucro a forma di uovo, con squame sistemate in 4 o più serie che si sovrappongono formando un bel disegno, dovuto anche al loro verde che sfuma sui bordi in linee biancastre che sembrano fatte apposta per sottolineare l'eleganza di questa disposizione.

Dalla parte superiore emergono le corolle, tutte a tubo regolare con lembi a 5 punte dove alloggiano 5 stami con antere ottuse e 2 stimmi che divergono e sporgono lungamente al di fuori; ci possono essere fiori con organi maschili e femminili, ma anche soltanto femminili, mentre non ci sono i fiori ligulati esterni. 

sabato 12 ottobre 2013

Centocchio comune

(Stellaria media)

(dialettale:   )

Dove il sole arriva appena, dietro le siepi e i muretti, si distende un manto di stellaria media che in quattro e quattr'otto, durante tutto l'anno, compie il suo ciclo di esistenza anche più volte, nel caso sia stata tagliata o sradicata.

Piccola, fragile, tenera, ma ben determinata a sopravvivere, come testimoniano anche i suoi minuscoli semi che possono rimanere vitali nel terreno  per diversi decenni.

Da esili radici si diramano fusti striscianti e le loro ramificazioni tentacolari riescono anche a ricoprire fittamente il suolo ombreggiandolo e mantenendo così quel grado di umidità che le serve, come pure i filari di peli disposti soprattutto negli internodi dove sembrano favorire lo scolo dell'acqua fino al suolo.

Foglie opposte a forma di cuore, di un verde chiaro e fresco, sfoggiano piccioli cigliati e si fanno più grandi verso l'apice dei ramoscelli dove s'aprono a coppie anche i fiori simili a stelle.

I 5 sepali oblunghi e verdi, abbondantemente cigliati sui bordi, accompagnano 5 petali divisi in 2 lobi, così profondamente divisi da dare l'impressione che i petali siano 10, quasi ali di farfalle in procinto di alzarsi in volo.


Al centro varia il numero degli stami, i quali in genere sono 10, filamenti filiformi bianchi con antere scure se mature, e fanno da contorno a 3 stili ricurvi.

Da secoli è impiegata a scopo curativo, è lenitiva e rinfrescante proprio come l'impressione che fa nascere in chi osserva le sue parti quasi trasparenti per la quantità d'acqua che contengono; e non solo, perché le saponine presenti sono tali che potrebbe essere utilizzata come un sostituto del sapone.

venerdì 11 ottobre 2013

Erba calenzuola

(Euphorbia helioscopia)

(dialettale:   )


Chi pensa che sia soltanto il girasole a seguire passo passo con la sua corolla il percorso dell'astro durante la giornata sbaglia: gli antichi affermavano che ha questa abitudine anche una pianta di piccole dimensioni e per questo le hanno attribuito il nome helioscopia da 'helios - sole' e 'skopein - guardare'.

Questa caratteristica forse è da accettare nel senso che le strane infiorescenze che la caratterizzano sono appiattite alla sommità dei gambi e quindi sono tutte direttamente esposte alla luce solare, lo guardano in continuazione, tranne quando quest'erba cresce in luoghi ombrosi.

Esse sono diverse da quelle di tutti gli altri fiori e a loro è stato assegnato un nome da ubriaconi, 'ciazio - coppa di spumante'; è formata da 5 brattee verdastre, saldate a formare una specie di contenitore incavato che dovrebbe proteggere i fiori.


Quest'ultimi, poverini, sono ridotti ai minimi termini: i maschili sono semplici stami e il femminile è un ovario con lo stilo che se ne sta bene eretto finché le mosche lo hanno visitato, attirate dalle profumate sostanze zuccherine racchiuse in 5 corpuscoli ovali e giallastri.

Gli stami lo attorniano, ma le loro antere s'attivano tardivamente, quando il polline proveniente da altre piante è arrivato a fecondare l'ovulo.

Questi ciazi, sono all'apice di ombrelle terminali composte da 5 rami di uguale lunghezza che poi si suddividono ancora in rametti secondari e a loro protezione larghe brattee giallastre mostrano un bordo dentellato come le altre foglie lungo il fusto liscio e tondo: una costruzione architettonica assai complessa!

giovedì 10 ottobre 2013

Disboscamento



Era una marmaglia di ortiche, 
di felci,di logli, 
di gramigne, di farinelli, 
d'avene selvatiche,
d'amaranti verdi, di radicchielle, 
d'acetoselle, di panicastrelle 
d'altrettante piante.





Era un guazzabuglio di steli, che facevano a soverchiarsi l'uno con l'altro nell'aria o a passarsi avanti strisciando sul terreno, a rubarsi insomma il posto per ogni verso: 




una confusione di foglie, di fiori, di frutti, 
di cento colori, di cento forme, 
di cento grandezze: 
spighette, pannocchiette,
 ciocche, mazzetti, 
capolini bianchi,
 rossi, gialli, azzurri.
                                                                                                            (Alessandro Manzoni)

mercoledì 9 ottobre 2013

Borracina bianca

(Sedum album)

(dialettale: )


Nelle crepe delle rocce calcaree, dove l'acqua non ristagna e altre piante non allignano, prosperano gli estesi cuscini della borracina bianca che intreccia e fa penzolare i suoi fusti grassi, ma fragili, contorti e rosseggianti.


La piantina non ha trovato di meglio che ricoprire buona parte del suo corpo, esposto spesso al sole diretto e alla fame di qualche animale, di sfumature rossastre dovute alla presenza di pigmenti protettivi, quasi si spalmasse una crema solare o si riempisse di sostanze respingenti.

Anche le foglioline, di forma oblunga, quasi cilindrica e consistenza carnosa, hanno una funzione molto importante: sono come vesciche ripiene d'acqua, un'acqua resa densa e ricca di mucillagini in modo che difficilmente possa evaporare, anche se l'esposizione è tale da essere sempre in pericolo di disseccamento.

L'infiorescenza , composta di molte cime ramificate appaiono alla sommità di steli più alti degli altri, lievemente incurvati e portanti poche foglie alterne: ogni corolla stellata conta 5 piccoli petali appuntiti, bianchi con leggere striature scure.


Lo stilo è bianco, circondato da 10 stami con antere purpuree, ben tesi verso l'esterno, due per ogni petalo.

Il desiderio di vita di questo sedum è talmente prepotente che anche soltanto qualche sua foglia staccata o un frammento del suo fusto possono radicare lì dove cadono.

martedì 8 ottobre 2013

Lattuga dei boschi

(Mycelis muralis)

(dialettale:  )

La lattuga dei boschi, abbastanza opportunista, sfrutta per la sua personale conquista del territorio, la costruzione di strade forestali e la presenza di muri e ruderi, purché attorno ci siano l'ombra umida di grandi alberi e un substrato calcareo derivante dallo sgretolamento di pietre ed intonaci.


Il suo fusto cavo allungato e snello, privo di foglie nella parte superiore e con ramoscelli quasi ad angolo retto come manichini, richiama l'immagine di uno spilungone cresciuto esageratamente e troppo in fretta; spezzandolo trasuda un succo lattiginoso, sistema di difesa ideato per scoraggiare gli erbivori.

Lascia in basso le sue poche e rustiche foglie, peraltro commestibili se giovani anche dagli umani, verdi sfumate di rosso, e suddivise in lobi angolosi con denti rivolti da tutte le parti e vistose appendici terminali perché più ampie  e triangolari.

L'infiorescenza che sembra un velo a trama larga è un insieme di capolini, formati da uno stretto involucro cilindrico con brattee interne lineari ed esterne minuscole; lungo il bordo circolare spiccano 5 lingue con l'apice suddiviso in 5 denti aguzzi, che sono l'accrescimento di uno dei lobi dei fiori inseriti tra le brattee, dotati di stami e pistillo.


Nel caso siano subito fecondati, si possono rinchiudere anche nello spazio di una mattinata, ma poi se ne aprono altri, tanto che la fioritura della pianta può durare molto; ogni fiore produrrà un achenio corredato di pappo peloso che il vento trasporterà anche molto lontano.