giovedì 24 aprile 2014

Aristolochia

(Aristolochia clematitis)

(dialettale:   )


L'aristolochia durante la cattiva stagione se ne sta nascosta nella terra, buona buona, sotto forma di radice rizomatosa che se ne va, strisciando, a scoprire un luogo adatto alla sua comparsa, meglio se fertile e soleggiato.

L'impresa non è facile, visto l'abbandono in cui sono lasciate da anni vaste zone un tempo coltivate, ma non impossibile: ecco allora che fa apparire uno o più fusti flessuosi ed eretti,i quali via via assumono un portamento sarmentoso per potersi appoggiare su altre piante, per questo le è stato assegnato il nome 'clematitis da ' klematis - tralcio'.



Ognuno porta delle foglie delicate, cuoriformi alla base , profondamente incise e ordinatamente disposte in modo alterno così da non ombreggiarsi a vicenda.

All'ascella di ciascuna, disposti a fascetti, sbocciano i fiori giallognoli con vene verdastre e scure su un corto peduncolo: non hanno petali, ma un tubo ricurvo, rigonfio alla base, ristretto più in alto e terminante con un lembo che sembra l'oreccho di un gatto.
Questo non è altro che una specie di imbuto-trappola: il collo è rivestito di peli rivolti verso il basso, mentre nello slargo in fondo gli stigmi femminili sovrastanti maturano prima degli stami maschili.



Un certo tipo di moscerino, attirato anche dall'odore sgradevole, s'introduce in questa camera nuziale restando di fatto imprigionato: così fa da 'facilitatore' delle nozze lasciando cadere il polline preso da altri fiori sugli stili pronti all'incrocio. Soltanto allora i fiori maschili lo impolvereranno di nuovo e cadranno i peli che, come cancelli, lo tenevano bloccato.



Se la fecondazione ha successo, la parte superore del lobo si ripiega in giù, rinchiudendo l'im boccatura; questa forma aveva suggerito agli antichi la somiglianza con un utero e perciò si credeva che facilitasse il parto, come richiama il suo nome da 'aristos e locheia'- ottimo parto'.
Invece, ingannatrice fino in fondo, è una pianta fortemente tossica e nociva agli umani.

venerdì 18 aprile 2014

Noce

(Juglans regia)

(dialettale: nogher)


A fine 1800, il Bazolle nel suo libro 'Il possidente bellunese' spiega che il 'nogher' ama sentire i contadini cantare il rosario, intendendo con ciò che questa pianta ha bisogno di essere presso le case, perchè in questo modo viene concimata: ancora adesso la si incontra di preferenza accanto a dei fabbricati e in genere solitaria o in pochi esemplari.

L'aspetto maestoso della chioma, l'intreccio consistente delle foglie assai ampie, l'altezza ragguardevole, il portamento fiero possono apparire come segni indicatori della sua notevole resistenza, quasi una prepotenza contro gli altri; avendo escogitato un metodo per allontanare i parassiti,  questo l'aiuta a difendersi anche da altre specie vegetali che volessero insediarsi nelle sue vicinanze.

Infatti produce nelle sue foglie dei tannini che poi si depositano nel terreno rendendolo poco abitabile, pare anche agli umani, tanto che si dice ancor oggi che non è conveniente dormire all'ombra di un noce.perchè potrebbe far ammalare.


Abbastanza ingombrante, quasi egoista quindi, ma, come sempre, accanto ai difetti presenta anche i pregi: il più 'gustoso' consiste nei suoi frutti, così buoni da essere stati un tempo consacrati a Giove, il padre degli dei, tanto che nella classificazione botanica il noce è detto 'juglans regia ', 'ghianda di Giove'.

Ambivalente è anche il significato che gli viene attribuito: ha legami con il mondo infernale perchè prediletto da streghe e demoni che gli danzano attorno, ma anche con la grande Madre, portatrice di fortuna e prosperità.


Doppi pure i fiori, senza petali, sulla stessa pianta: i maschili, 6 tepali bruno verdastri, ricchi di stami, sono disposti in file ordinate su strutture pendule che si preparano già nel corso dell'anno precedente accanto alla cicatrice che ogni foglia cadendo lascia; i femminili, solitari o a coppie, appaiono all'apice dei germogli nuovi e l'ovario deriva da 2 foglie affacciate l'una contro l'altra.


Ciò può essere riconosciuto osservando il guscio della noce matura che si divide in 2 metà simmetriche somiglianti a barchette dentro cui  se ne sta adagiato il gheriglio, simile al cervello umano e per questo ritenuto capace di curare le malattie e le turbe mentali.

mercoledì 9 aprile 2014

Gigaro scuro

(Arum maculatum)

(dialettale:   )


Se, nei mesi primaverili, cammini lungo delle siepi fresche ed ombrose dal lato nord, puoi vedere ciuffi folti di foglie di un bel verde talora maculato di bianco o di bruno tra cui ce n'è una più chiara, la quale, invece di disporsi orizzontalmente rispetto al terreno, s'innalza diritta verso il cielo: non sempre arrivi ad immaginare che il suo compito è diverso.

Aggirando le piante in direzione sud, scopri che questo cartoccio arrotondato contiene, custodisce e protegge una spiga grossa e carnosa, una specie di clava violacea, chiamata anche, nei paesi anglosassoni, ' pene del cuculo'.

La sua funzione è quella di richiamo degli insetti per mezzo dell'odore acre e nauseante che emana e per il colore vistoso; invece i veri fiori sono alloggiati nella parte inferiore dell'asse carnoso e disposti a strati: prima dei fiori sterili a forma di filamenti rivolti verso il basso, posti proprio dove la spata si restringe, seguiti da fiori maschili, da altri fiori sterili e infine dai femminili, tutti quanti piuttosto minuscoli ed indifferenziati nelle loro parti.

All'interno di questa camera, quando maturano gli stami, la temperatura si alza anche di diversi gradi rispetto a quella esterna, da cui il nome il nome della pianta 'arum- calore'; ne godono gli insetti, i quali scivolando lungo le lisce pareti della spata, sono precipitati tra i fiori con i peli disposti in senso contrario all'uscita. Così, senza poter risalire, inquieti s'aggirano senza trovare vie d'uscita  e nel loro folle volo si prestano ad impollinare i fiori femminili che fioriscono per primi.

La pianta aprirà le porte della loro prigione facendo appassire i fiori più in alto solo quando saranno ben imbrattati del polline dei suoi fiori maschili e sazi potranno volarsene via, pronti a visitare un altro gigaro in diversa fase di maturazione.

Mirabile esempio di inganno a lieto fine per tutti.




mercoledì 2 aprile 2014

Colombina cava

(Corydalis bulbosa)

(dialettale...)


Quanta confusione per denominare questa pianticella che mette in mostra tutta la sua fragrante levità appena sciolta l'ultima neve, per poi rapidamente scomparire fino all'annata successiva: infatti il suo nome volgare è colombina, ma il nome generico fa riferimento ad un altro uccello, 'corydallis- allodola coronata'.

Pare che sia stata la singolare struttura della corolla che la fa assomigliare alla cresta piumata dell'allodola o anche allo sperone della zampa di questo uccello a far decidere per questa denominazione.


I fiori, riuniti in grappoli terminali sull'unico fusto, mostrano un andamento orizzontale e danno l'idea quasi che ognuno contrasti con il vicino per trovare lo spazio dove sistemare  il petalo superiore che s'allunga in un lungo sperone ricurvo e che sovrasta un petalo inferiore che sembra un labbro sporgente; ai lati altri due alati tappano le fessure.

Tinte bianche, crema, rosa, rosse s'intonano perfettamene con il tessuto verde azzurro del fogliame leggero perchè composto di poche foglie irregolarmente suddivise in più lobi di consistenza quasi vitrea.


Da queste cornucopie protese in avanti spuntano 2 stami, la cui caratteristica è di produrre un polline autosterile, in modo da non correre rischi di autofecondazione e uno stilo filiforme che s'augura l'arrivo di api con polline idoneo all'incrocio.

Il tutto trae la sua origine da un bulbo cavo che gli umani antichi avevano scoperto essere in grado di secernere sostanze utili a mitigare il senso del dolore, da utilizzare come anestetico o calmante, anche se con possibili e pericolosi effetti allucinogeni.