(Polytrichum commune)
(dialettale: mus cio)
In questo periodo natalizio una pianta piccola e di modeste dimensioni gode del suo momento di celebrità: è il muschio.
Chi infatti non ricorda l'atmosfera piena d'attesa che si creava un tempo nelle case quando era usanza andare nei boschi a raccoglierlo per trasformarlo in morbide colline, in grandi praterie, in grotte scure nel presepe?
La ricerca era ed è facile: dovunque un minuscolo sgocciolio d'acqua dà origine ad un ambiente umido, là i muschi crescono a meraviglia, agglomerandosi fitti fitti a centinaia o a migliaia, a formare soffici tappeti che vien voglia di lisciare come fossero mantelli di gatto.
Questa fame d'acqua la devono alla loro origine antichissima, quando, forse prime forme vegetali, s' affacciarono sulla terraferma, rimanendo in uno stadio un po' 'rozzo', nel senso che per loro non si può parlare di fusti che sostengono, di foglie che trasportano linfa nelle nervature, di radici che assorbono.
Però sono in grado di utilizzare l'acqua e i sali minerali attraverso tutte le loro superfici; e così sviluppano anche gli organi maschili e femminili sullo stesso individuo o su individui diversi.
Se la fecondazione, benedetta dall'umidità, avviene, s'allunga al di sopra delle rosette di foglioline uno sporofito, formato da una capsula stracolma di spore, collegata ad un piede attraverso un lungo e sottile peduncolo.
Scoperchiandosi, l'urna libera le spore sul terreno dove germogliano, dando inizio ad una nuova generazione di muschi, capaci di donare una preziosità del tutto particolare ad ogni ambiente.