(Ligustrum vulgare)
(dialettale: )
Arbusto parente del lillà, ma molto meno appariscente, il ligustro in primavera mostra delle gemme appaiate e scure da cui fuoriescono foglie piccole, coriacee, somiglianti a quelle dell'olivo, solo un po' più scure e disposte ordinatamente su rami regolari e flessibili.
Tale elasticità, naturalmente sfruttata dagli umani, gli ha fruttato anche il nome, da 'ligare-intrecciare' e nell'ottocentesco linguaggio dei fiori evocava la gioventù e nello stesso tempo la necessità di divieti e proibizioni.
L'infiorescenza è una spighetta di fiori bianco giallini i quali spargono, soprattutto di sera, un odore acuto che attira molti insetti, tra cui la farfalla detta Sfinge del ligustro, capace di librarsi sulle ali per starsene sospesa mentre aspira con la lunga proboscide il nettare.
Sulla corolla, a forma di imbuto, si aprono a stella 4 petali acuminati sui quali svettano 2 stami lunghi con antere di proporzioni notevoli rispetto al resto ed un pistillo.
Dopo la maturazione il bianco vira al marrone e i fiori daranno origine a bacche nere e lucide, disposte a pannocchia, particolarmente gradite agli uccelli, ma non commestibili per gli uomini.
La pianta, pur così sobria nelle tinte, è invece una dispensatrice di sostanze coloranti: dalla corteccia un tempo si estraeva un colore giallo, dalle bacche un inchiostro violetto e un colorante per il vino.
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