(Impatiens parviflora)
(dialettale: )
Se ne stava in una scura abetaia, ai piedi di un grosso tronco che le regalava tutta l'ombra di cui ha bisogno per non vedere danneggiata la freschezza dei suoi gambi acquosi, delle sue carnose foglie chiarissime e dei pallidi fiori giallini, di dimensioni ridotte, come dice anche il suo nome (' parvus - piccolo').
Ne ha fatta di strada per giungere fino a noi! Originaria dei tropici asiatici, pare sia arrivata in Italia verso la metà del 1500 e da allora non si è più fermata tanto da essere considerata un invasore aggressivo.
Naturalmente ha dovuto adattarsi al clima meno favorevole , così limita il suo sviluppo ad un anno, morendo al sopraggiungere del primo freddo; in compenso si premunisce dalla sparizione completa producendo innumerevoli semi che diffonde senza risparmio.
Il suo fusto eretto non raggiunge l'altezza di quello di altre sue sorelle e tende piuttosto a formare un'aggregazione di piante vicine che danno origine a un basso e fitto cespuglio, con tante foglie membranose, fortemente seghettate sul bordo e con una punta aguzza.
Al di sopra emergono lunghi e sottili peduncoli che sorreggono uno o più fiori bene spalancati da una parte per una grossa cavità che i petali formano disponendosi in cerchio tutt'attorno e chiusi dietro dove uno dei sepali è diventato uno sperone opalescente ed affusolato.
A che serve? Contiene del nettare per attirare gli insetti; qualcuno ha anche insinuato che sia appiccicoso e che talvolta essi ne restino prigionieri, facendo assomigliare la balsamina a qualche pianta carnivora. E forse qualche istinto di sopraffazione ce l'ha, visto anche che il suo frutto è una capsula a forma di clava.
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