(Epipactis palustris)
(dialettale: )
Sembra che la natura abbia esercitato un'inquietante abilità nel predisporre le forme dei componenti del regno vegetale e questo è particolarmente evidente nelle orchidee, di cui l'elleborina palustre è un rappresentante, per la verità non molto vivace, ma completa nel suo piccolo.
Vive nelle zone umide, dove non è soffocata da vegetazione alta e il suo sistema di radici, poco profonde ma vitali, le permettono di assorbire abbastanza sostanze nutritive da essere indipendente.
Le sue variazioni di colore sono frequenti, ma la forma della corolla è inconfondibile per la sua complessità, anche se le tonalità verdastre e brune la rendono dimessa e un po' triste.
Lungo il gambo piuttosto arrossato foglioline lanceolate ed incavate di color verde smorto con nervature grossolane si dispongono alternativamente fino all'infiorescenza che è composta da fiori accompagnati da brattee lineari.
Peduncoli ricurvi sorreggono queste corolle dalla particolare architettura: 3 tepali brunastri esterni appaiono come i sepali del calice di un fiore normale, 3 tepali si situano internamente, tra i quali il centrale s'amplia come una piazza d'armi; rotondeggiante con margine ondulato, biancastro, ad un certo punto si raggrinza in una specie di strozzatura che lo separa dalla parte più interna, concava come una tazza e cosparsa di venature rosate.
Stami e pistillo sono cresciuti insieme dando origine ad una specie di colonna giallastra, alla cui base si colloca lo stimma dotato di superficie appiccicosa e il polline appare come masse cerose a 2 lobi.
Sicuramente il tutto è stato studiato in modo che l'evoluzione di questo apparato riproduttivo abbia avuto un percorso simile a quello degli insetti che ne garantiscono l'impollinazione.
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