(Ranunculus acris)
(dialettale: )
Nei prati umidi prospera senza risparmio il ranuncolo che a fine primavera illumina i prati con le sue rade infiorescenze di fiori color giallo brillante, riapparendo poi anche in autunno dopo un'eventuale riposo estivo della pianta perché ha subito il taglio della fienagione e perché non sopporta bene la stagione secca.
Non è una pianta amata dal bestiame pascolante a causa dei composti tossici che contiene e, se l'alimentazione fosse costituita solo da quest'essenza fresca, il latte degli animali sarebbe amaro e di colore rossastro. Fortunatamente l'essiccazione degrada queste sostanze.
Non fa bene neanche agli umani ai quali può provocare dermatiti da contatto; l'unica a guadagnarci, soltanto guardando queste distese dorate, è la vista che si rallegra di fronte a tutta questa luminosità.
Da un breve rizoma esce un fusto cavo con portamento eretto attorno al quale s'affollano diverse foglie basali di forma pentagonale, suddivise in tanti lobi, a loro volta frammentati in parti appuntite di colore verde scuro.
Su peduncoli che si originano all'ascella delle foglie superiori compaiono fiori con 5 petali luminosi, a forma di cuore, nel cui fondo vi sono fossette di nettare; sotto sono sorretti da 5 sepali verde giallastro che cadono dopo la fioritura.
Un numero indefinito di stami, inseriti a spirale, occupa il centro e all'apice dei loro filamenti sono sistemate visibili antere giallo intenso; per proteggere il polline di notte e durante i giorni piovosi i fiori diventano pendenti per incurvamento del gambo, trasformandosi in ombrelli aperti sopra i propri organi riproduttivi.
Inoltre, le antere che sono rivolte all'interno, all'apertura del fiore, torcendosi, si proiettano verso l'esterno in modo che le spore polliniche non penetrino nell'ovario dello stesso fiore: questo perché perfino la pianta sa che i figli nati da genitori privi di parentela sono più vitali e resistenti di quelli provenienti da genitori legati da affinità di 'linfa'.
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