(Viscum album)
(dialettale: vis cio)
Nella tradizione dei Celti era simbolo di immortalità, rigenerazione e vigore, così nella sua 'Storia naturale' Plinio la definì 'quello che guarisce tutto', accogliendo la venerazione che i druidi, sacerdoti di quel popolo, gli manifestavano.
Usavano raccogliere i cespi dagli alberi, dove se ne stavano appesi, con un falcetto d'oro, durante una cerimonia religiosa che si svolgeva a novembre e che segnava l'inizio dell'anno nuovo.
Non si sa perché questo ladrone che si comporta nei confronti delle altre piante come un piccolo, tenace vampiro godesse di tutto questo rispetto: infatti, privo di un vero apparato radicale, ha risolto il problema della sua alimentazione affondando i suoi succhiatoi nel legno di un ramo nutrice, suggendone la linfa ascendente.
Ma come mai finisce lassù, tra le fronde di alberi anche molto alti?
I suoi frutti sono bacche bianche perlacee ed opalescenti, velenose per gli umani, ma attraenti per gli uccelli, i quali, alla fine del pranzo a base della polpa molto appiccicosa cercano di ripulire becco e zampe strofinandoli sui rami sulla cui corteccia i semi s'incollano.
Se trova l'ambiente ideale, il seme germina spingendo la radichetta dell'embrione fino all'interno del legno e lentamente appaiono dei rametti che si ramificano e sui quali crescono a coppie foglie coriacee a forma di elica, tinte di un giallo - verde assai opaco.
I fiori maschili e femminili, portati da piante diverse, sono poco appariscenti, con 4 petali dello stesso colore delle foglie e si aprono da febbraio ad aprile, quando ormai il tempo dei baci sotto il vischio è finito da un pezzo.
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