(Chelidonium majus)
(dialettale: erba de stria)
Non è una bellezza da oscar questa pianticella che vegeta lungo i muretti e sui cigli sassosi delle strade e che inizia il suo ciclo vegetativo con il ritorno delle rondini in primavera.
Pare proprio che questa coincidenza le abbia fatto guadagnare il nome da 'chelidon-rondine', ma la sua grande notorietà le viene dal fatto che era considerata un'erba miracolosa, un dono del cielo, una fata delle erbe, una pianta portafortuna, di cui gli alchimisti si servivano perfino nella ricerca della pietra filosofale.
Tutto ciò soprattutto per quel lattice giallo-arancione, acre, bruciante, che sgorga da ogni parte della pianta se spezzata, una linfa talmente sgradevole che anche gli animali al pascolo evitano di toccarla.
Ma esso era il rimedio più usato per far scomparire verruche, duroni e calli, oltre ad essere in grado di curare un'innumerevole serie di altri malanni.
I fiori, composti da un calice con due sepali che cadono ed una corolla con 4 petali gialli ed una ventina di stami sporgenti, si aprono in rade ombrellette alla sommità dei fusti, tra foglie verdi- grigiastre, composte di un numero dispari di lembi profondamente incisi.
Continua a crescere in altezza e a fiorire fino all'addio, che coincide con il periodo di ripartenza autunnale delle rondini.
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