giovedì 3 ottobre 2013

Pabbio comune

(Setaria viridis)

(dialettale:   )

In ogni prato che si rispetti è presente il pabbio comune, un'erba foraggera ed anche infestante dei campi e dei giardini, abbastanza alta nel momento di pieno sviluppo e talmente fitta da non lasciar intravedere altro.

Forma cespi di foglie lanceolate e piatte, avvolgenti il fusto cilindrico e cavo, diviso in segmenti da nodi sui quali sono inserite le foglie, verde grigio, con margini pelosi che lo inguainano per una certa lunghezza, terminando poi in una lamina libera nastriforme.



Occupa notevoli estensioni le quali, soprattutto nel periodo autunnale, fanno pensare a savane e a praterie ingiallite dalla massiccia presenza delle sue tardive infiorescenze a spiga dal tipico color ocra

Esse ondeggiano al vento  sulla sommità del loro lungo gambo liscio, e i fiori che compongono le spighette appressate a costituire questa coda sono composte da coppie di fiori con 2 glume: uno è sterile e l'altro fertile. Alla base di ogni spighetta sporgono 5-6 setole abbastanza lunghe, dalla cui presenza è derivato il nome setaria, da 'saeta- setola'.  



Quando i frutti sono maturi, stormi di uccelli si fanno avanti per nutrirsene e naturalmente anche gli umani hanno pensato di poterla sfruttare per i propri bisogni: la si sta studiando come materia prima per produrre biocarburanti.

Le sue caratteristiche positive, come la statura non molto alta, il ciclo veloce di crescita e sviluppo, la produzione di grandi quantità di seme hanno ancora una volta stimolato l'ingordigia umana che da un campo assolato la imprigionerà, sotto forma di liquido puzzolente, nel buio serbatoio di un automezzo.

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