martedì 21 maggio 2024

Dentaria minore

(Cardamine bulbifera)

Pare impossibile, ma la dentaria minore fa parte della grande famiglia delle Crucifere a cui appartengono i cavoli , i cavolfiori, i broccoli, i rapanelli... e come questi, anche se cresce nei boschi di latifoglie, desidera trattarsi bene, cioè avere a disposizione un terreno ricco di sostanze nutrienti, questo forse anche per supportare la sua precoce apparizione primaverile.



Durante l'inverno la sua forza vitae rimane in un rizoma sotterraneo cosparso di squame triangolari simili a denti, a cui forse fa allusione il suo nome volgare; da esso si sviluppano foglie composte da diversi lobi seghettati, che vanno via via diradandosi fino a diventare semplici nelle vicinanze dell'infiorescenza che svetta al culmine dei fusti.
I fiori, senza ricercatezza, ma freschi ed eleganti, mostrano una disposizione a croce costante, sia nei 4 sepali verde violaceo che nei 4 petali rosati, a forma d'unghia con la punta conficcata nel calice e percorsi da venature più scure. 
Anche 4 stami sono disposti a croce, con altri 2 esterni più corti e sorreggono antere giallastre che circondano un unico stilo semplice.
Probabilmente la fioritura nei primi mesi dell'anno non favorisce la presenza di insetti trasportatori di polline e quindi la pianta s'è munita di altri mezzi riproduttivi: stoloni, cioè fusti striscianti che s'allontanano per fissare nuove radici e bulbilli.


Questi appaiono come pallini nero violacei lungo lo stelo e posti all'ascella delle foglie, i quali, senza preoccuparsi del domani, risucchiano sostanze nutritive dalla pianta madre, finchè questa cade spossata e muore, mentre essi, ben pasciuti, si lasciano affondare a poco a poco nel suolo, in grado di riprodurre nella successiva primavera una pianta sorella.

Faggio

(Fagus sylvatica)

A volte pare proprio un gigante questo albero, ben piantato su uno o più tronchi dalla liscia corteccia grigiastra, con una chioma densa ed allargata che sembra voglia abbracciare il mondo: appare solenne e venerabile come una cosa antica, e difatti già nell'antichità era considerato uno degli 'arbores felices' dal cui legno si ricavavano le coppe usate per i sacrifici.
Ed anche per altri usi importanti fu impiegato, ad esempio nel legno del faggio s'intagliarono le prime scritture delle lingue indoeuropee, da cui derivò il tedesco 'buch' originatosi da un'antica radice germanica 'bòk' imparentata con 'beek - faggio'.
Sta a suo agio in quei versanti dei rilievi dove stazionano a lungo nebbie e nubi basse, impregnando l'aria d'umidità: da eleganti ed appuntite gemme oblunghe si sviluppano foglie, inizialmente ripiegate a fisarmonica, le quali gradualmente s'appiattiscono mettendo in bella mostra le nervature che terminano con un piccolo dente sui margini alleggeriti da una lieve peluria.
I fiori sulla stessa pianta sono diversi: i maschili si presentano a ciuffi in amenti che penzolano leggeri con calici e corolle campanulati e pelosi, i femminili solitari o a coppie sono chiusi in una specie di coppa verdastra cosparsa di morbidi spini.


Quest'ultimi fecondati daranno origine alle faggiole, frutti commestibili, usate come alimento per gli animali ma anche per gli umani, che un tempo quando la fame era una cosa seria li abbrustolivano come castagne, li tostavano per fare il caffè o li schiacciavano per ottenere l'olio.