sabato 1 giugno 2024

Noce

(Juglans regia)

A fine 1800, il Bazolle nel suo libro 'Il possidente bellunese' spiega che il 'nogher' ama sentire i contadini cantare il rosario, intendendo con ciò che questa pianta ha bisogno di essere presso le case, perchè in questo modo viene concimata: ancora adesso la si incontra di preferenza accanto a dei fabbricati e in genere solitaria o in pochi esemplari.
L'aspetto maestoso della chioma, l'intreccio consistente delle foglie assai ampie, l'altezza ragguardevole, il portamento fiero possono apparire come segni indicatori della sua notevole resistenza, quasi una prepotenza contro gli altri; avendo escogitato un metodo per allontanare i parassiti, questo l'aiuta a difendersi anche da altre specie vegetali che volessero insediarsi nelle sue vicinanze.
Infatti produce nelle sue foglie dei tannini che poi si depositano nel terreno rendendolo poco abitabile, pare anche agli umani, tanto che si dice ancor oggi che non è conveniente dormire all'ombra di un noce.perchè potrebbe far ammalare.



Abbastanza ingombrante, quasi egoista quindi, ma, come sempre, accanto ai difetti presenta anche i pregi: il più 'gustoso' consiste nei suoi frutti, così buoni da essere stati un tempo consacrati a Giove, il padre degli dei, tanto che nella classificazione botanica il noce è detto 'juglans regia ', 'ghianda di Giove'.
Ambivalente è anche il significato che gli viene attribuito: ha legami con il mondo infernale perchè prediletto da streghe e demoni che gli danzano attorno, ma anche con la grande Madre, portatrice di fortuna e prosperità.
Doppi pure i fiori, senza petali, sulla stessa pianta: i maschili, 6 tepali bruno verdastri, ricchi di stami, sono disposti in file ordinate su strutture pendule che si preparano già nel corso dell'anno precedente accanto alla cicatrice che ogni foglia cadendo lascia; i femminili, solitari o a coppie, appaiono all'apice dei germogli nuovi e l'ovario deriva da 2 foglie affacciate l'una contro l'altra.



Ciò può essere riconosciuto osservando il guscio della noce matura che si divide in 2 metà simmetriche somiglianti a barchette dentro cui se ne sta adagiato il gheriglio, simile al cervello umano e per questo ritenuto capace di curare le malattie e le turbe mentali.

Pino

(Pinus sylvestris)

In Estremo Oriente il pino evoca l'Immortalità, grazie alle caratteristiche del legno, delle foglie e alla presenza della resina ed è anche simbolo di potenza vitale, di fecondità e di longevità.
Effettivamente, la corteccia del tronco ti fa pensare alla pelle rugosa di un patriarca che però sostiene e fa prosperare una chioma che ha un aspetto giovanile ed audace allungandosi senza paura anche fino ai 40 metri di altezza.
I rami sinuosi più o meno regolari portano foglie verde glauco sempreverdi che vengono lasciate cadere quando la loro età stabilisce che hanno concluso il loro compito e non in rapporto alle stagioni; del resto sono adattate alla stagione invernale facendo loro assumere la forma di ago per ridurre la traspirazione, riunendole a coppie su rigide guaine resinose alla base.
Questa resina, da 'rasa - succo organico' essuda dal legno in goccioline: gli umani, per procurarsene in gran quantità incidevano il tronco della pianta che poteva anche morirne; era preziosa perché da essa , oltre che ricavare prodotti medicinali, si ottenevano la trementina, la pece molle e la pece dura.


Sulla stessa pianta si trovano infiorescenze maschili che sembrano tanti ovuli addensati alla base dei germogli, così ricchi di polline da ingiallire la superficie sottostante quando soffia il vento; meno visibili le femminili, isolate all'apice dei nuovi getti, di color rossiccio e somiglianti a piccoli coni squamosi.


Si trasformeranno lentamente in pigne che necessitano anche di 3 anni per maturare, per cui sugli stessi rami possono convivere infiorescenze, pigne giovani, mature e secche.