lunedì 16 dicembre 2024

Semprevivo

(Sempervivum tectorum)

Un nome che è un vero programma di vita quello del semprevivo, una rustica piantina che s'accontenta di poco, sta bene ovunque e così può permettersi di godere di una lunga esistenza.
La sua naturale attitudine a sviluppare da una rosetta di foglie, aderente al suolo, cuscinetti compatti di altre rosette non bisognose di particolari cure suggerì agli abitanti dei paesi nordici di utilizzarlo come materiale di costruzione, per cui era piantato sulla sommità dei tetti di paglia per renderli più impermeabili.


Gli furono quindi attribuiti anche poteri magici, in particolare la capacità di proteggere dai fulmini, i quali erano una prerogativa di Giove, definendo la pianta 'Iovis barbam - barba di Giove' e nel linguaggio dei fiori assunse il significato del trionfo e della vittoria sul nemico.
Dalle rosette adulte si dipartono brevi stoloni che sviluppano all'apice piccole rosette le quali, al contatto del terreno radicano,assumendo un aspetto da 'chioccia e pulcini' secondo gli abitanti delle terre oltreoceano. 



Composte da innumerevoli foglie verdastre, carnose e compatte, spinate sugli apici e con tendenza a cambiare tonalità in rapporto alle temperature e alla posizione, lentamente s'accrescono.
I fiori, simili a stelle rosate con un buon numero di petali lanceolati che proteggono stili purpurei e stami appariscenti, svettano su steli eretti una volta sola e poi questa rosetta madre, triste destino, muore.

martedì 10 dicembre 2024

Sorbo degli uccellatori

(Sorbus aucuparia)

Nell'atmosfera spenta di questa pazza stagione invernale, così umida e piovosa, un tocco di rosso fuoco aiuta a scogliere la malinconia: sono le bacche accese del sorbo degli uccellatori, una vera ghiottoneria per gli uccelli del bosco i quali, ad una ad una, le fanno sparire.
Proprio per questo gli umani lo hanno notato come possibile 'albero da caccia', appostandosi nelle siepi o al limitare dei boschi dove cresce spontaneamente o piantandolo nei roccoli in modo che i suoi frutti attirino le prede volanti nella prigionia delle reti.


In autunno i suoi piccoli pomi, grandi come piselli, fittamente assembrati in grappoli appiattiti, fanno curvare con il loro peso i rami flessibili che invece, in primavera, si protendono verso l'alto avvolti dalla loro scorza grigia punteggiata da lenticelle evidenti, esibendo grandi foglie alterne, di un intenso verde scuro.


Alla loro estremità, verso maggio, portati da peduncoli pelosi, s'aprono fiori modesti con sepali triangolari e candidi petali arrotondati dove una ventina di stami giallastri e 3 liberi stimmi danno un aspetto lanoso all'infiorescenza.


Nella tradizione nordica il sorbo era collegato a valenze magiche positive, ritenendolo un simbolo di rinascita dopo l'oscurità che cominciava a diradarsi nel periodo compreso tra la fine di gennaio e la metà di febbraio, in cui per i Celti cadeva una grande festa, chiamata da noi Candelora. 
Ed è confortante sapere che, se null'altro ci può aiutare in tempi difficili, possiamo come gli antichi pensare che i suoi rami carichi di frutti siano  amuleti contro ogni disgrazia.

mercoledì 4 dicembre 2024

Crespino

(Berberis vulgaris)

Nel mondo un po' mummificato di gennaio, aria gelida e frizzante e trine di ghiaccio sulle foglie secche, l'occhio cerca un pizzico di colore, almeno un frammento della grande abbuffata di tinte dell'autunno.
E spesso d'improvviso la scena si anima, s'infiamma per un tocco energizzante di rosso che si staglia sull'intreccio dei rami nudi e bruni; dei pendenti di corallo, difesi da spini acuminati, pendono ben visibili.



Sono i frutti, dal sapore piacevolmente acidulo, del crespino, un arbusto delle siepi che talvolta può assumere la forma di un alberello che sfoggia dei fusti di color avana, di un bel giallo solare all'interno, che gli umani utilizzavano come colorante.
Anche i fiori a grappolo, 6 petali e 6 sepali, che sbocciano in primavera sono gialli e proteggono 6 stami che hanno la capacità di scattare come molle verso l'alto se toccati alla base.
Tutto questo giallo fece pensare ai guaritori di un tempo che fosse un efficace rimedio per i mali della cistifellea, del fegato e dei reni, intuizione confermata da studi recenti.

martedì 3 dicembre 2024

Vischio

(Viscum album)

Pianta tanto particolare nell'aspetto e nel comportamento da sembrare quasi fatata o stregata, il vischio evoca antiche magie ed è protagonista di leggende ed usanze che affondano le loro radici nella notte dei tempi.
Nella tradizione dei Celti era simbolo di immortalità, rigenerazione e vigore, così nella sua 'Storia naturale' Plinio la definì 'quello che guarisce tutto', accogliendo la venerazione che i druidi, sacerdoti di quel popolo, gli manifestavano.


Usavano raccogliere i cespi dagli alberi, dove se ne stavano appesi, con un falcetto d'oro, durante una cerimonia religiosa che si svolgeva a novembre e che segnava l'inizio dell'anno nuovo.
Non si sa perché questo ladrone che si comporta nei confronti delle altre piante come un piccolo, tenace vampiro godesse di tutto questo rispetto: infatti, privo di un vero apparato radicale, ha risolto il problema della sua alimentazione affondando i suoi succhiatoi nel legno di un ramo nutrice, suggendone la linfa ascendente.
Ma come mai finisce lassù, tra le fronde di alberi anche molto alti?
I suoi frutti sono bacche bianche perlacee ed opalescenti, velenose per gli umani, ma attraenti per gli uccelli, i quali, alla fine del pranzo a base della polpa molto appiccicosa cercano di ripulire becco e zampe strofinandoli sui rami sulla cui corteccia i semi s'incollano.




Se trova l'ambiente ideale, il seme germina spingendo la radichetta dell'embrione fino all'interno del legno e lentamente appaiono dei rametti che si ramificano e sui quali crescono a coppie foglie coriacee a forma di elica, tinte di un giallo - verde assai opaco.
I fiori maschili e femminili, portati da piante diverse, sono poco appariscenti, con 4 petali dello stesso colore delle foglie e si aprono da febbraio ad aprile, quando ormai il tempo dei baci sotto il vischio è finito da un pezzo.



domenica 1 dicembre 2024

Falsi frutti di rosa canina

(Cinorrodi)

Dopo la gloria della fioritura, ecco che gli arbusti di rosa canina, quelle semplici rose dai 5 leggeri petali appena appoggiati al calice come ali di farfalle, offrono lo spettacolo dei loro frutti; e da lontano appaiono come una morbida onda di fuoco che si staglia contro il cielo azzurro.


Piccoli otri di un intenso rosso aranciato, lucidi e levigati, custodiscono nel loro ventre i veri frutti pelosi: questi hanno l'aspetto di minuscole noccioline irsute, ciascuna delle quali nasconde all'interno il seme e il tutto è avvolto da un involucro di polpa acidula e compatta.
Persino uccelli e altri animali dei boschi sanno che rappresentano un forziere di sostanze utili a rinforzarsi per sopportare i rigori dell'inverno e se ne nutrono facendo buon uso della vitamina C e dei tannini in essa contenuti.


Anche gli umani un tempo li utilizzavano come medicamento astringente; ma se ne può fare un dolce utilizzo, raccogliendoli quando i primi freddi li hanno ammorbiditi e trasformandoli in una confettura deliziosa, apprendendo anche nel contempo l'arte della pazienza.
Staccare il tappo nerastro sul collo delle botticelle, tagliarle, togliere dall'interno la peluria, recuperare quel pizzico di polpa utile e metterla a cuocere in poca acqua finché si ammorbidisce può richiedere ore ed ore di attività 'zen'.


Passando al setaccio, aggiungendo dello zucchero, facendo cuocere ancora per poco, ci si assicura una scorta di profumo di rosa, di sapore di rosa, di colore di rosa: un vero elisir che scaccia la malinconia dei mesi senza colore.