(Narcissus poeticus)
(dialettale: tazeta)
In maggio i prati di Valpiana sono tinteggiati di bianco ad opera del narciso dei poeti, specie spontanea che erompe su un umile fusto sotterraneo, il girello, attorno a cui si stringono le scaglie d'un bulbo biancastro. Se esso ha abbastanza forza, ecco che il girello s'allunga e sfugge al buio della terra con il suo fiore preparato di nascosto.
Insieme a questo fanno la loro comparsa una o più foglie piatte, nastriformi, di un verde azzurro tenue che talvolta s'adagiano mollemente prostrate, mentre s'erge il fusto cavo portante un unico fiore accompagnato da una brattea un po' scolorita che l'ha protetto mentre si sviluppava.
Grande e pesante s'inclina verso il terreno con i suoi 6 tepali candidi a forma d'elica al cui centro si trova una gialla corona dentellata simile a una tazza,bordata di rosso arancio ed impolverata dal polline sprigionato da 3 stami disposti attorno al pistillo verdastro.
Quasi si potrebbe rimanere ipnotizzati a contemplare questa distesa incantata, non tanto per tutte quelle corolle affastellate, quanto per il profumo intenso, per il quale pare gli sia stato assegnato il nome da 'narkào - stordimento'.
Tale bellezza è comunque ingannevole perché i bulbi contengono sostanze pericolose: velenosa è ritenuta questa pianta ed anche nel linguaggio dei fiori simboleggia l'egocentrismo, insomma l'egoismo, il non dare nulla agli altri essendo occupati ad ammirare e ad amare solo se stessi.