mercoledì 26 febbraio 2014

Farfaraccio bianco

(Petasites albus)

(dialettale: slavaza)


La neve si disfa rapidamente, il terreno disgela e il suo colore scuro che assorbe i raggi solari ne facilita il riscaldamento: e qualcuno là sotto sente prima di molti altri questo richiamo e nelle vicinanze di rigagnoli e torrenti, dove i rami dei faggi lasciano filtrare la luce, i rizomi sotterranei del farfaraccio cominciano a 'scaldare i motori'.


In un battibaleno le sostanze di riserva conservate in questi organi riprendono a circolare e l'energia è tale che ognuno fa letteralmente schizzare fuori la parte più importante di sé, dei fiori che sembrano sfidare questo tempo instabile con la loro fragile delicatezza.

Delle brattee lanceolate, che si ripiegano in punta, si ergono a difesa dei boccioli raggruppati in racemi arrotondati, un insieme di teste neonate simili ad una cucciolata bisognosa della protezione materna.


A poco a poco questi peduncoli si distanziano, mostrando squame fitte di un pallido verde, le quali avvolgono i veri fiori, che aprono a turno le bianche corolle a tubo, coraggiose avanguardie del poderoso esercito di fiori primaverili.

La zona esterna del ricettacolo è quella che per prima si ritrova vestita da similstelle a 5 punte, con 5 stami ed un vistosissimo stilo quasi lattiginoso che si sporge abbondantemente, quasi stupito di tanta avventatezza.


Al momento della maturazione diventeranno dei pappi, veri piumini di lana d'argento formati da peli molli e lunghi che faranno risaltare le grandi e scure foglie ad ombrella che han voluto lasciare ai fiori l'onore della prima apparizione.