(Aruncus dioicus)
(dialettale: spareso)
Lungo le scarpate che delimitano i ruscelli e nelle forre umide prospera questa robusta pianta erbacea, parente della rosa e della fragola: i suoi rizomi che s'intrecciano fittamente generano radici tanto potenti che sembrano fatte apposta per aggrapparsi al terreno talvolta smosso o franante.
Già ad inizio primavera, quasi dal nulla, appaiono getti grassocci e rossastri, subito ricercati dagli appassionati cultori dell'arte culinaria 'dei poveri', quella che in tempi lontani permetteva di aggiungere qualcosa di fresco alle poche riserve alimentari rimaste dopo l'inverno.
Lasciati al loro posto, questi turioni sviluppano gli abbozzi delle foglie che già portano in sè ed è un gran lavoro perchè sono più volte composte; sul picciolo principale escono da parti opposte due altre foglie composte, di cui la più vicina all'asse si scompone in due lembi disuguali, mentre l'apice si completa con 5-7 foglioline opposte. E' tutto un fiorire di seghettature e di nervature diverse.
E infine ecco manifestarsi l'infiorescenza: una pannocchia appuntita bianco-crema che svetta baldanzosa e diritta nonostante la presenza lungo i suoi rami di migliaia di fiori tutti pigiati; la pianta però ama la separazione tra i generi e quindi quelli maschili, minuscole coccarde con petali ovati e stami sporgenti su una pianta, e i femminili, abbastanza somiglianti ma provvisti di pistillo e ovario, su un'altra.
Sfiorendo, il tutto s'appesantisce e reclina verso il basso e il colore brunastro la rende del tutto simile alla 'barba di capra', nome col quale viene riconosciuta da molti.