venerdì 14 giugno 2013

Aquilegia

(Aquilegia vulgaris)

(dialettale: amor in collera)


Non può che essere una vera adescatrice d'attenzione l'aquilegia, anche se comune nei prati di Valpiana, per la forma singolare del fiore e per il colore insolito, un misto di bruno, viola, rossiccio e chissà cos'altro. 



La pianta che s'innalza bella diritta dal ciuffo basale di foglie ha uno stelo che, ramificandosi alquanto, porta numerose infiorescenze solitarie o a gruppetti di due, tre e qualche fogliolina tendente all'azzurro ceruleo, cosparsa di una fine peluria.

 I fiori appaiono, a dir poco, bizzarri: i cinque sepali del calice si mettono abbondantemente in mostra, disponendosi a stella e assumendo la stessa colorazione dei cinque petali e della corolla, più interni ed arrotondati a dar forma ad una specie di ciotola aperta verso il basso e terminante in alto con cinque speroni ricurvi, adatti a contenere il nettare. 




Nel bel mezzo di questa pendula campanella, s'annida un fascio di stami giallastri attorno a cinque pistilli.




Incerta è l'origine del nome, anche se qualcuno suppone che derivi da 'aquila' per la somiglianza dei suoi speroni ai rostri del volatile. Visto l'aspetto un po' cupo, e il fatto che può essere tossica, il nome dialettale attribuitole doveva far pensare a situazioni amorose travagliate.