mercoledì 26 febbraio 2014

Farfaraccio bianco

(Petasites albus)

(dialettale: slavaza)


La neve si disfa rapidamente, il terreno disgela e il suo colore scuro che assorbe i raggi solari ne facilita il riscaldamento: e qualcuno là sotto sente prima di molti altri questo richiamo e nelle vicinanze di rigagnoli e torrenti, dove i rami dei faggi lasciano filtrare la luce, i rizomi sotterranei del farfaraccio cominciano a 'scaldare i motori'.


In un battibaleno le sostanze di riserva conservate in questi organi riprendono a circolare e l'energia è tale che ognuno fa letteralmente schizzare fuori la parte più importante di sé, dei fiori che sembrano sfidare questo tempo instabile con la loro fragile delicatezza.

Delle brattee lanceolate, che si ripiegano in punta, si ergono a difesa dei boccioli raggruppati in racemi arrotondati, un insieme di teste neonate simili ad una cucciolata bisognosa della protezione materna.


A poco a poco questi peduncoli si distanziano, mostrando squame fitte di un pallido verde, le quali avvolgono i veri fiori, che aprono a turno le bianche corolle a tubo, coraggiose avanguardie del poderoso esercito di fiori primaverili.

La zona esterna del ricettacolo è quella che per prima si ritrova vestita da similstelle a 5 punte, con 5 stami ed un vistosissimo stilo quasi lattiginoso che si sporge abbondantemente, quasi stupito di tanta avventatezza.


Al momento della maturazione diventeranno dei pappi, veri piumini di lana d'argento formati da peli molli e lunghi che faranno risaltare le grandi e scure foglie ad ombrella che han voluto lasciare ai fiori l'onore della prima apparizione. 

lunedì 17 febbraio 2014

Ontano

(Alnus glutinosa e incana)

(dialettale: arnér)

Ontano  bianco o nero? Nella stagione invernale la risposta non può essere immediata perché le foglie, che ne aiuterebbero l'identificazione, sono ai suoi piedi sotto forma di tappeto occultato da un leggero strato nevoso.

Ma sia l'uno che l'altro, in genere con aspetto arbustivo, crescono  nelle vicinanze di ambienti periodicamente inondati o paludosi e mostrano grigiastri rami contorti, quasi braccia vegetali snodate che sembrano voler afferrare chi passa loro accanto.


Allo stesso modo precocemente ostentano gruppi di 3-5 amenti maschili bruno violacei, i quali sono spuntati a novembre ed a gennaio sono diventati allungate collane composte da un gran numero di minuscoli fiori con antere gialle sui loro 4 stami.

Invece, come s'addice alle femmine, molto più modesti sono i fiori di questo tipo, simili ad ovetti abbarbicati ad un altro ramoscello di solito posto più in alto rispetto agli amenti dello stesso ramo.


Lentamente s'ingrosseranno dando origine ad un panciuto frutto, chiamato strobilo, una struttura formata da brattee legnose ospitanti piccoli semi con strette ali, i quali continueranno a soggiornare sulla pianta fino allo svilupparsi delle foglie nuove dell'anno successivo, come se fossero riluttanti ad abbandonare la pianta madre.

Sarebbe bello credere che fosse veramente così e forse è proprio per questo che l'ontano rappresenta il simbolo dei sentimenti che non muoiono; più prosaicamente deve questo riconoscimento al fatto che il suo legno resiste per molto tempo se posto nell'acqua e così fu utilizzato dagli umani fin dal lontano tempo delle palafitte.

lunedì 10 febbraio 2014

Tremella

(Tremella mesenterica)

(dialettale   )

Non c'è verso: Giove Pluvio deve aver scelto di mostrare tutta la sua capacità come fornitore d'acqua stando proprio sopra il nostro territorio, il quale, inzuppato fino al midollo, appare incerto se dar spazio alla rinascita primaverile o continuare a pavoneggiarsi in tutte le tonalità di un desolato grigio autunnale.

Ma in tanta triste sobrietà, una forma davvero strana, quasi una deforme escrescenza sembra accendersi e richiamare l'attenzione con una specie di tremolio giallastro: è una pianta senza radici, fusto, foglie e fiori, non autosufficiente dal punto di vista alimentare: il fungo tremella mesenterica.


Abbraccia con le sue gialle membrane simili alle anse dell'intestino rami e fusti in decomposizione o quasi, apparendo come un soufflé dalla consistenza gelatinosa talmente trasparente che in certi punti sembra attraversato dalla luce.

E quasi aspetti che da un momento all'altro s'accresca, esploda come il sole quando erutta.


Invece non ama il caldo e l'asciutto,  solo una consistente umidità lo induce a svilupparsi sfruttando la presenza di altri funghi che, per la sua presenza soffocante, sono costretti a bloccarsi nel loro sviluppo, restando nascosti tra il legno e questo organismo inquietante.

Man mano che invecchia si scolora, poiché si ricopre di spore biancastre che riformeranno il micelio: questo vivrà immerso nel terreno e, non vedendolo, non si pensa mai alla sua esistenza fin quando, trionfante, farà di nuovo brillare il suo strano vestito.

lunedì 3 febbraio 2014

Sorbo degli uccellatori

(Sorbus aucuparia)

(dialettale:   )


Nell'atmosfera spenta di questa pazza stagione invernale, così umida e piovosa, un tocco di rosso fuoco aiuta a scogliere la malinconia: sono le bacche accese del sorbo degli uccellatori, una vera ghiottoneria per gli uccelli del bosco i quali, ad una ad una, le fanno sparire.

Proprio per questo gli umani lo hanno notato come possibile 'albero da caccia', appostandosi nelle siepi o al limitare dei boschi dove cresce spontaneamente o piantandolo nei roccoli in modo che i suoi frutti attirino le prede volanti nella prigionia delle reti.


In autunno i suoi piccoli pomi, grandi come piselli, fittamente assembrati in grappoli appiattiti, fanno curvare con il loro peso i rami flessibili che invece, in primavera, si protendono verso l'alto avvolti dalla loro scorza grigia punteggiata da lenticelle evidenti, esibendo grandi foglie alterne, di un intenso verde scuro.


Alla loro estremità, verso maggio, portati da peduncoli pelosi, s'aprono fiori modesti con sepali triangolari e candidi petali arrotondati dove una ventina di stami giallastri e 3 liberi stimmi danno un aspetto lanoso all'infiorescenza.


Nella tradizione nordica il sorbo era collegato a valenze magiche positive, ritenendolo un simbolo di rinascita dopo l'oscurità che cominciava a diradarsi nel periodo compreso tra la fine di gennaio e la metà di febbraio, in cui per i Celti cadeva una grande festa, chiamata da noi Candelora. 
Ed è confortante sapere che, se null'altro ci può aiutare in tempi difficili, possiamo come gli antichi pensare che i suoi rami carichi di frutti siano  amuleti contro ogni disgrazia.