venerdì 24 maggio 2013

Giglio caprino

(Anacamptis morio)

(dialettale:   )


A differenza delle vistose cugine esotiche, le orchidee spontanee italiane affondano le radici nel terreno di boschi e prati magri: sotto terra il giglio caprino è provvisto di due tuberi radicali, arrotondati e colmi di mucillagine. Uno alimenta la vegetazione dell'anno e l'altro accumula sostanze nutritive per lo sviluppo della pianta nell'anno successivo.


Le foglie alterne, lanceolate, macchiate di bruno, abbracciano il fusto che porta i fiori riuniti in una spiga più o meno densa; essi mostrano una struttura unica nel regno vegetale: 3 tepali esterni simili tra loro ed incurvati a formare una volta, 3 tepali interni, due uguali e simmetricamente disposti, mentre il terzo, detto labello, è spettacolare, molto colorato e macchiato, di dimensioni notevoli e termina nel retro in una escrescenza chiamata 'sperone'.


Il labello porporino violaceo, con la funzione di pista d'atterraggio, indirizza gli insetti impollinatori verso il fondo in modo che restino appiccicati sul loro corpo almeno uno dei due pacchetti di polline portati   dagli stami fertili e dotati di sostanze vischiose che funzionano da colla.

E così può avvenire la fecondazione incrociata con una produzione altissima di semi microscopici che potranno germogliare solo se nel terreno incontreranno un fungo con cui avviare un rapporto di reciproca utilità.

Questo contatto potrà avvenire per estrema causalità, come quando si cerca di incontrare l'anima gemella.