lunedì 23 settembre 2013

Aconito pannocchiuto

(Aconitum degenii)

(dialettale:   )

L'aconito pannocchiuto è un fiore comune allo stato selvatico e dai molti significati, ma tutti sottintendono colpa e rimorso, caratteristiche che s'addicono alla perfezione a una pianta così venefica.

Plinio il Vecchio la chiamava 'arsenico vegetale' per la sua forte tossicità che si può manifestare anche maneggiandola con poca cura perché l'aconitina, il veleno che contiene, potrebbe essere assorbito anche attraverso la pelle.



Quando il fusto emerge dal terreno, diventa eretto e molto alto, ricoperto di leggera peluria ed accompagnato da foglie lucide con 5 punte lungo il loro margine esterno, tralasciando le frastagliature minime che sono numerose.


Il vero spettacolo è rappresentato dal fiore, considerato di tipo arcaico, perché praticamente la vera corolla è assente, anche se invece sembrerebbe ben evidente e così bizzarra che, alla fine del Settecento, si cominciò a considerarlo anche come pianta ornamentale.

Essa è creata dal calice, il quale ha trasformato i 5 sepali in apparenti petali blu scuro, striati di linee, e ben diversi tra loro: il superiore è un casco arrotondato e allungato alla base da un filamento a forma di becco; due ovali sono disposti verticalmente ai lati e i due inferiori accostati appaiono lineari.


Ma che fine hanno fatto i petali? Sono 8, ma due sono diventati quasi dei cornetti a doppia curvatura in avanti, trasudanti del nettare, gli altri sono ridotti a semplici linguette. Nella parte inferiore sono collocati numerosi stami scuri  che circondano i pistilli e l'ovario molto ricco di ovuli che daranno origine ad un aggregato di 3 capsule ripiene di semi.