lunedì 30 settembre 2013

Genzianella germanica

(Gentianella germanica)

(dialettale: gensianela)


Anche l'autunno si fa dipingere dalla magica tinta delle genziane: questa volta si tratta delle genzianelle germaniche, distribuite a mazzetti nei pascoli magri e nelle torbiere umide; non è più un azzurro profondo quello che ci mostrano, ma soffuso di viola come per evitare di creare sensazioni troppo forti in una stagione che tende al riposo.

Sono pianticelle che amano come le altre il fresco delle zone montane  e che ramificano generosamente; tra le foglie ovali, terminanti con punte ricurve verso l'alto, fanno emergere innumerevoli fiori, alcuni ancora attorcigliati su sè stessi, altri bene aperti a mostrare il loro disegno geometrico.

Infatti dal loro calice inguainante se ne esce una corolla che appare come un profondo cratere, da cui si distaccano, disponendosi ad angolo retto rispetto ad esso, 5 lobi quasi triangolari.


Questa struttura severa è addolcita da frange sericee come capelli, tessute appena all'interno della fauce e mimetizzanti stami e pistilli.

Nulla invece addolcisce il succo amaro contenuto nelle loro grossa radice, se non la speranza che possa ripulirci e quindi farci sentire più vicini alla purezza che questa pianta evoca.

domenica 29 settembre 2013

Silene bianca

(Silene alba)

(dialettale:   )

Un rivestimento di morbidi peli verdi e rossastri avvolge ogni parte della silene bianca chissà se per ragioni di difesa dal clima o se per opporsi alla visita di animali golosi; solo la corolla si distingue per la purezza e la levigatezza dei suoi petali candidi.


Essi sono 5, suddiviso ciascuno in 2 lobi, e se stanno liberi , ma in parte nascosti all'interno di un panciuto calice con linee verdi brunastre, così grosso da indurci a riflettere sulla sua ragione d'essere.

 I fiori si aprono verso sera per ricevere la visita di farfalle crepuscolari e non sono tutti uguali, perché alcuni portano soltanto una decina di stami e sono maschi fatti e finiti, mentre altri mettono in mostra come femmine vanitose 5 stili.


Qualcuno talvolta nel candore dei petali mostra una macchia nera; non è un omaggio a qualche squadra calcistica, ma il risultato di un attacco  da parte di un fungo parassita simile a fuliggine nerastra, il quale s'impadronisce delle antere dell'ospite che così rilasciano spore polverulente invece di sano polline.

Questi fiori malati diventano sterili  e quindi se l'infezione è abbondante cala la capacità di riproduzione, cosa che agli umani non dispiace perché la pianta è spesso considerata un'infestante dei campi e degli orti.


sabato 28 settembre 2013

Spigarola violacea

(Melampyrum nemorosum)

(dialettale:   )


Uno che non è molto dotato, nel caso delle piante non presenta corolle appariscenti, non spande profumi irresistibili, non attira con gustose gocce mielate, cosa inventa per richiamare l'attenzione?

Colora le sue semplici ed insignificanti brattee alla sommità dei fusti, trasformandole in bandiere di segnalazione dipinte di lilla e di viola, di giallo e di verde chiaro, una vera tavolozza dalle ineguagliabili sfumature.


A comportarsi così è la  spigarola violacea, un'erba annuale che ora  si incontra  di solito in luoghi ombrosi tra la vegetazione selvatica, mentre un tempo infestava anche i campi coltivati e, se i suoi semi si fossero mescolati a quelli del grano, avrebbero colorato di nero la farina; da ciò il suo nome 'melampyron', da 'melas - nero' e 'pyros- grano'.

Oltre a lasciare di sé questo ricordo tossico per gli umani, ne danneggiava anche le coltivazioni perché, essendo una semiparassita, al bisogno, s'avvale di alcuni elementi minerali che preleva attingendoli dalle radici delle piante vicine.

Lungo fusticini eretti, quadrangolari, pelosi su due facce opposte, si sviluppano foglie lanceolate appuntite, ordinatamente disposte, finché all'estremità superiore assumono l'aspetto di piccole squame triangolari, con questa capacità di dare visibilità collaborando con i fiori.


Questi si aprono alla loro ascella, splendono di un brillante giallo oro, tinteggiato di arancione quando invecchiano e si dilatano in una gran fauce dove il labbro inferiore s'allarga e si gonfia come fosse quello di una donna artificialmente rifatto.

venerdì 27 settembre 2013

Brunella

(Prunella vulgaris)

(dialettale:   )

Dopo ogni rasatura dei prati ecco apparire dappertutto una pianta molto accomodante che s'affretta ad arricchirli nuovamente di colore, come se la monotonia del verde sbiadito dei fusti tagliati non la soddisfacesse: è la brunella.


Bruna di nome e di fatto la sua infiorescenza composta da brattee, calici e corolle addensati all'ascella delle 2 foglioline più elevate sugli assi fiorali in genere poveri di foglie: le prime verdastre con bordi più scuri, i secondi marronastri, contenenti le corolle lilla o viola che diventano brunicce quando il tutto appassisce.

Lo spicastro con la parte superiore appiattita è un insieme di brattee che segnano ogni livello dove sono fissati i calici dai quali sbocciano i fiori ad angolo retto uno rispetto all'altro per evitare di ombreggiarsi.


Ogni calice,  con peli molto divarcati, termina con un lobo superiore diviso in 3 denti e l'inferiore con 2 e persiste dopo la fioritura; la corolla formata da un largo tubo termina con un labbro superiore grande, arcuato e suddiviso in 2 parti, mentre l'inferiore pendulo si espande in 3 lobi di diverse dimensioni.


All'interno alloggiano 4 stami, di cui i due anteriori sporgono con le loro antere a due punte e lo stimma anch'esso diviso in 2; insomma è una pianta nella quale la natura si è divertita a suddividere molti elementi e che difatti facilmente origina nuovi ibridi.


Un tempo si pensava avesse, tra le altre,  proprietà di cicatrizzazione delle ferite, in quanto si credeva che la forma delle  parti delle piante denotassero la loro capacità di curare organi o malattie simili; siccome il fiore della brunella, vista di profilo, sembra un falcetto, poteva essere utile in caso di tagli inferti da armi così fatte.

giovedì 26 settembre 2013

Balsamina minore

(Impatiens parviflora)

(dialettale:  )


Se ne stava in una scura abetaia, ai piedi di un grosso tronco che le regalava tutta l'ombra di cui ha bisogno per non vedere danneggiata la freschezza dei suoi gambi acquosi, delle sue carnose foglie chiarissime e dei pallidi fiori giallini, di dimensioni ridotte, come dice anche il suo nome (' parvus - piccolo').

Ne ha fatta di strada per giungere fino a noi! Originaria dei tropici asiatici, pare sia arrivata in Italia verso la metà del 1500 e da allora non si è più fermata tanto da essere considerata un invasore aggressivo.


Naturalmente ha dovuto adattarsi al clima meno favorevole , così limita il suo sviluppo ad un anno, morendo al sopraggiungere del primo freddo; in compenso si premunisce dalla sparizione completa producendo innumerevoli semi che diffonde senza risparmio.

Il suo fusto eretto non raggiunge l'altezza di quello di altre sue sorelle e tende piuttosto a formare un'aggregazione di piante vicine che danno origine a un basso e fitto cespuglio, con tante foglie membranose, fortemente seghettate sul bordo e con una punta aguzza.


Al di sopra emergono lunghi e sottili peduncoli che sorreggono uno o più fiori bene spalancati da una parte per una grossa cavità che i petali formano disponendosi in cerchio tutt'attorno e chiusi dietro dove uno dei sepali è diventato uno sperone opalescente ed affusolato.

A che serve? Contiene del nettare per attirare gli insetti; qualcuno ha anche insinuato che sia appiccicoso e che talvolta essi ne restino prigionieri, facendo assomigliare la balsamina a qualche pianta carnivora. E forse qualche istinto di sopraffazione ce l'ha, visto anche che il suo frutto è una capsula a forma di clava.


mercoledì 25 settembre 2013

Ononide spinosa

(Ononis spinosa)

(dialettale:   )


I prati aridi e poveri di Valpiana sono punteggiati in questo periodo da tappeti di ononide spinosa, un nome sicuramente non gentile perché pare derivi da 'onos - asino'.
Qualcuno afferma sia stata così denominata per il fatto che  gli unici a mangiarsela erano gli asini, altri rincarano la dose e  sostengono che volesse dire 'sterco d'asino' per la puzza che alcune varietà emanano.


Non merita però questo epiteto, almeno l'ononide osservata in questi luoghi: infatti tutti questi cespuglietti, che fanno emergere appena le loro numerose estremità fiorite, hanno un aspetto delicato ed elegante che ammorbidisce le distese pronte ormai ad assumere l'inaridito aspetto autunnale.


Porta delle spine, ma soltanto nella parte inferiore dove i fusti sono più legnosi, sono rare e morbide come foglie non ancora ben decise ad assumere durezza e consistenza adatte a ferire.


Non sprigiona effluvi spiacevoli, ma un lieve aroma e inoltre si sa che le sue radici fascicolate sono in grado di arricchire il terreno di azoto, ma non più di rallentare l'opera dei buoi usati un tempo per trainare gli aratri (da cui il nome di 'arrestabue'), dato che il trattore odierno non ha di queste debolezze.

I petali delle corolle, a forma di farfalla, sporgenti dall'ascella delle foglie, presentano sfumature leggere di colore, dal roseo, al rosso-vino, al lilla, al bianco, e lineari striature - guida per le api verso la carena dove sono rinchiusi stami e pistilli.


E se fecondazione vi sarà, appariranno  baccelli morbidi, perché ricoperti di peluria come  i fusti dove i peli sono disposti ordinatamente su 2 file come soldatini.

martedì 24 settembre 2013

Acetosella comune minore

(Oxalis stricta)

(dialettale: pan di cuculo)

Questa acetosella, originaria del Nord America, ha trovato anche in Europa una collocazione adatta alle sue esigenze, tanto che ora la si trova anche dove non si vorrebbe, perfino nei vasi delle piante d'appartamento se la terra è stata prelevata negli orti o nei giardini. 

A differenza di quella primaverile, arriva a fioritura in estate e dura fino ad autunno inoltrato; inoltre tenta di innalzarsi al di sopra delle altre erbe, sviluppando da un rizoma sotterraneo rugoso da cui si dipartono rosei stoloni pronti a dare origine a nuove piantine, un fusto sottile ed angoloso.


Da questo, a distanze irregolari, fuoriescono altri rami portanti ognuno foglie e fiori su lunghi e fini peduncoli, finché il tutto forma un cespuglietto leggero.

Ogni foglia, composta da 3 parti cuoriformi che si inseriscono sul gambo per le punte, è sensibile alla mancanza di luminosità ed all'umidità dell'aria, a cui reagisce ripiegando ogni metà lembo sull'altra metà ed accostandosi al picciolo; il tessuto fogliare è anche respingente tanto che, in caso di pioggia, sulla superficie rimangono soltanto gocce come  perle.



I fiori, contenenti sia gli organi maschili che femminili, a gruppi di 2 o 3, sono formati da 5 petali arrotondati, giallo cromo, che si rinchiudono anch'essi a ventaglio per la notte.

Terminato il tempo della loro apertura, la corolla diventa marronastra e poi cade, mentre si sviluppa un frutto allungato a candela, talmente energico ed esplosivo da essere in grado di lanciare i semi che contiene anche a 4 metri di distanza: mamma pianta non ha esitazioni a spingere i figli a cercare lontano luoghi idonei a mettere su casa e a perpetuare la specie!


lunedì 23 settembre 2013

Aconito pannocchiuto

(Aconitum degenii)

(dialettale:   )

L'aconito pannocchiuto è un fiore comune allo stato selvatico e dai molti significati, ma tutti sottintendono colpa e rimorso, caratteristiche che s'addicono alla perfezione a una pianta così venefica.

Plinio il Vecchio la chiamava 'arsenico vegetale' per la sua forte tossicità che si può manifestare anche maneggiandola con poca cura perché l'aconitina, il veleno che contiene, potrebbe essere assorbito anche attraverso la pelle.



Quando il fusto emerge dal terreno, diventa eretto e molto alto, ricoperto di leggera peluria ed accompagnato da foglie lucide con 5 punte lungo il loro margine esterno, tralasciando le frastagliature minime che sono numerose.


Il vero spettacolo è rappresentato dal fiore, considerato di tipo arcaico, perché praticamente la vera corolla è assente, anche se invece sembrerebbe ben evidente e così bizzarra che, alla fine del Settecento, si cominciò a considerarlo anche come pianta ornamentale.

Essa è creata dal calice, il quale ha trasformato i 5 sepali in apparenti petali blu scuro, striati di linee, e ben diversi tra loro: il superiore è un casco arrotondato e allungato alla base da un filamento a forma di becco; due ovali sono disposti verticalmente ai lati e i due inferiori accostati appaiono lineari.


Ma che fine hanno fatto i petali? Sono 8, ma due sono diventati quasi dei cornetti a doppia curvatura in avanti, trasudanti del nettare, gli altri sono ridotti a semplici linguette. Nella parte inferiore sono collocati numerosi stami scuri  che circondano i pistilli e l'ovario molto ricco di ovuli che daranno origine ad un aggregato di 3 capsule ripiene di semi.

domenica 22 settembre 2013

Malva domestica

(Malva neglecta)

(dialettale:  )


Quando scegli il color malva per qualche indumento o accessorio, sei in uno stato d'animo in cui non desideri apparire sgargiante ed appariscente, ma quasi dimesso, quieto, un po' rammollito.
Anche la malva domestica non è una pianta scintillante e vivace, anzi se ne sta tutta umile, rivestita di tenui colori, prostrata lungo le strade e nei luoghi erbosi, con qualche fusto ramificato ed ispido che tenta di emergere dall'ombra.


Tuttavia ciò non le ha impedito di essere conosciuta fin dall'antichità come cibo semplice e povero e poi come rimedio per ogni male; anche il suo nome deriva dal latino ' mollire alvum - rendere molle' e dal greco 'malachè - forse lumaca', riferito alle proprietà emollienti dei suoi succhi vischiosi come la bava delle chiocciole.

Da una carnosa radice affusolata, spuntano  fusti pelosi da cui si dipartono lunghi piccioli che portano foglie ruvide, color verde sbiadito, a forma palmata con diversi lobi sottolineati lungo la linea centrale da evidenti nervature lungo le quali le lamine si ripiegano appena.


I fiori, che sono in grado di cambiare orientamento seguendo il corso del sole, sono composti da 5 petali, incisi da una lieve insenatura nella parte apicale, conficcati in un calice con 5 sepali, accompagnato da un calicetto con squame appuntite; fanno corona ad un buon numero di stami con antere che contengono granuli di polline grossi e spinosi.


Particolare è il frutto, schiacciato e rotondeggiante, composto da acheni a forma di spicchio che lo fanno apparire simile a una minuscola forma di formaggio, per cui in certe regioni la malva è chiamata 'erba formaggio o formaggino'.

sabato 21 settembre 2013

La cavalletta


Che sia il carabiniere degli insetti?
Tutto il giorno salta e si accanisce su tracce di invisibili contrabbandieri che non riesce mai a prendere.


Le erbe più alte non la fermano.
Nulla la spaventa, perché ha gli stivali delle sette leghe, il collo da toro, la fronte geniale, il ventre a carena, le ali di celluloide, due corna diaboliche e una gran sciabola per di dietro.
Poiché non è possibile avere le virtù di un carabiniere senza i suoi vizi, bisogna pur dirlo, la cavalletta cicca.
Se mentisco, rincorrila con la mano, gioca con lei ai quattro cantoni e quando l'avrai acchiappata  tra due salti, osservale la bocca: da quelle terribili mascelle secerne una saliva nera come sugo di tabacco.


Ma già non la tieni più: la mania di saltare la riprende. Il mostro verde ti sfugge con uno sforzo brusco e, fragile, smontabile, ti lascia in mano una zampina. 

( da 'Storie naturali'  di Giulio Renard) 

venerdì 20 settembre 2013

Cicerchia silvestre

(Lathyrus sylvestris)

(dialettale:  )

Se non fosse per la sua attitudine a fare dell'alpinismo, la cicerchia silvestre se ne starebbe ben distesa tra le altre erbe del prato, destinata ad essere foraggio per gli animali.

Invece ha dotato il suo fusto volubile, appiattito come se qualcuno lo avesse stirato, di viticci, semplici filamenti abili ad aggrapparsi; essi  non sono altro che foglie le quali, persa la lamina, si sono ridotte alla sola nervatura centrale.


Si danno da fare per attaccarsi a qualsivoglia sostegno e per avere maggiori probabilità di raggiungerlo s'allungano in direzione orizzontale e con movimenti oscillatori compiono la loro ricerca di un appiglio idoneo dove ancorarsi.

Il fusto, che si dilata sotto forma di lamina verde opaco circondata da stipule alate giganti, forse si espande in questo modo particolare per sostituire quelle parti mancanti che non possono più svolgere un'adeguata funzione clorofilliana.


Anche le foglie, verde glauco, sembrano aste solcate da diverse nervature evidenti e, sollevandole, si sente un notevole peso; una forza ben resistente devono possedere quei viticci per tenerle sollevate in alto!

Su lunghi peduncoli fiorali, dentro calici campanulati con denti di diversa dimensione, alloggiano le corolle rosee del fiore, con petalo- vessillo appariscente a differenza dei petali della carena sobriamente dipinti di bianco-verde e quasi nascosti da quella grande bandiera.

giovedì 19 settembre 2013

Trifoglio bianco

(Trifolium repens)

(dialettale: strafoi)

Dai nodi dei suoi steli striscianti il trifoglio bianco fa uscire radici che daranno origine a una pianta indipendente quando la pianta madre morirà. E in questo modo avanza lungo i prati, espandendosi ogni anno, pare, di circa una ventina di centimetri: una vera viaggiatrice!

Dai nodi si possono sviluppare anche le verdi foglie trifogliate, talvolta macchiate di bianco, leggermente dentate ai margini.


Sono 3 foglioline molto sensibili, in grado di proteggersi dalla perdita notturna del calore accumulato durante il giorno: da spiegate e ben distese, al sopraggiungere della notte, si sistemano in posizione di sonno, cioè si ripiegano una sull'altra e si raddrizzano verso l'alto, disponendosi in verticale.

Questi movimenti sono possibili per la particolare articolazione presente nei loro punti di  inserzione, nella quale si verificano dei cambiamenti di turgore dovuti a variazioni di temperatura e di umidità dell'aria.

E sempre dallo stesso punto può uscire un peduncolo eretto, che raggiunge un'altezza superiore a quella delle foglie, il quale regge un'infiorescenza a palla, composta da un buon numero di fiori bianchi o lievemente rosati.


Odorano di miele in pieno sole per attirare le api, mentre di notte sono inodori. La corolla di ciascun fiore mostra 5 petali di forma e grandezza diverse e 10 stami leggermente collegati tra loro; terminata la fioritura, pende floscia assumendo una triste tinta bruna.

mercoledì 18 settembre 2013

Ciclamino delle Alpi

(Cyclamen purpurascens)

(dialettale:  )

Se si vuole un esempio di pianta previdente ed accorta, economa ed organizzatrice, ecco il ciclamino dei boschi ombrosi ed umidi.


Innanzitutto impiega il suo fusto sotterraneo, normalmente destinato a portare in alto fiori e foglie, come magazzino alimentare: lo forza ad ingrossarsi, ad arrotondarsi, a riempirsi di un succo acre, ma anche velenoso, così può costituire una difesa contro eventuali assaggiatori, e forse gli ha fatto guadagnare anche il nome, dato che ciclamino deriva dal greco' kyklos - cerchio'.

Dalla parte inferiore di questo tubero color vino si sviluppano alcune striminzite radici e da quella superiore lunghi peduncoli rossicci: peli su una testa calva, il tutto assai brutto, ma non importa, conta il riuscire a sopravvivere quando cibo non se ne trova.

Alcuni di questi gambi sorreggono foglie a forma di cuore arrotondato con alla base un solco profondo; al di sopra spicca una tinta verde scuro variegata d'argento: un ulteriore accorgimento per attivare la traspirazione, facilitata se vi sono grandi e fitti spazi intercellulari nel tessuto spugnoso, identificabili proprio dal colore più chiaro.


Altri portano le corolle, sempre solitarie, ma a loro modo vistose per il numero, il colore roseo porporino e il profumo davvero inebriante, tutti artifizi messi in atto per attirare gli insetti.
La loro forma è particolare: verso il basso si apre una cavità arrotondata, scura sul  bordo, da cui si dipartono 5 lobi ripiegati all'insù come orecchie di lepre.

Dentro questa fauce stanno inseriti 5 stami con antere triangolari, la cui punta arriva fino al centro del tubo della corolla; in questo modo, formando come una piramide, occupano tutto lo spazio disponibile chiudendo l'apertura; astuzia anche questa, perché gli insetti per penetrare devono rimuovere le punte degli stami. Così, sporchi di polline, possono urtare lo stimma di altri ciclamini, il quale sporge sempre abbondantemente, fatto apposta per farsi toccare.


Altra soluzione intelligente è il frutto, una capsula sferica, i cui semi raggiungono la maturità dopo un anno circa dalla fioritura; la pianta per facilitargli l'avvicinarsi alla terra attorciglia a spirale il peduncolo che lo porta, il quale lentamente s'inclina, fino a conficcarlo nel terreno.

Secondo Plinio il Vecchio sarebbe una buona idea piantare ciclamini nel giardino per impedire a forze malefiche di agire; io direi, per ricordarci che contro le avversità bisogna programmare per tempo le difese.

E si può incontrare anche qualche variante al tipo classico!


martedì 17 settembre 2013

Ginestra spinosa

(Genista germanica)

(dialettale: galet)


Cresce in luoghi incolti e desolati, nelle vicinanze di boschi solitari, questa ginestra, dura e spinosa nella parte inferiore, morbida, fresca e vivace nell'estremità superiore dove nel momento della fioritura s'accende il sole.


Pare apprezzi le pietre, la ghiaia e i terreni poveri, a costo di patire la fame e la sete: pone però un rimedio a questa situazione critica, cospargendosi di peli i quali, essendo formati di cellule morte piene d'aria , possono avere l'effetto di ridurre l'evaporazione.

E se ciò non bastasse, diminuisce anche il suo numero di foglie, vagamente somiglianti a quelle del trifoglio, trasformandole in spine e rimpicciolendo così la superficie esposta ai raggi solari.

I suoi  fiori dorati raccolti in brevi gruppi sbocciano mostrando la loro struttura a farfalla; un petalo più lungo degli altri e rivestito di peli morbidi e radi,  è diretto verso l'alto, ai lati ne penzolano altri due a mo' di orecchie cadenti e sotto si drizza un petalo ripiegato a cappuccio.


I 10 stami uniti insieme per la base ad eccezione di uno libero e un pistillo con lungo stilo ricurvo in alto restano chiusi nel petalo inferiore se il fiore non viene disturbato, altrimenti sono in grado di scattare come molle.

La sua bellezza suggerì nel Medioevo di usare la ginestra come simbolo di modestia e d'umiltà  e diversi sovrani la scelsero per ornare il proprio stemma di famiglia: pianta umile ma onorata.

lunedì 16 settembre 2013

Luppolo

(Humulus lupulus)

(dialettale: briscandol)


Pianta volubile delle siepi, il luppolo si sveglia presto in primavera, emettendo tra il seccume dei getti bruno-verdastri, cosparsi di foglioline rossicce e di piccoli aculei che li rendono rugosi al tatto.

Questi aghi, simili a piccole incudini, sono distribuiti in modo irregolare lungo i 6 spigoli del fusto; hanno la funzione di ganci per ancorarsi alla pianta scelta come palestra d'arrampicata e di guardia del corpo per difendersi dal morso degli animali affamati.


Preso dall'ansia di crescere, questo germoglio brucia le tappe e, muovendosi a spirale da sinistra a destra, in poche settimane raggiunge altezze ragguardevoli, scegliendo con discernimento fusti vicini e piuttosto sottili, in modo da economizzare sul tempo, sul lavoro e sul materiale: un vero esempio di programmazione del risparmio!

Quando finalmente le alte cime agognate sono raggiunte, sviluppa un rigoglioso e spumeggiante fogliame, composto da foglie palmate e bene espanse, appese a picciòli robusti e sostenute da resistenti nervature.


Soltanto allora, ormai è agosto, dalle ascelle delle foglie spuntano le infiorescenze, ma diverse a seconda se la pianta è maschile o femminile: i minuti fiori maschili con 5 tepali e 5 stami sono raggruppati in pannocchie pendenti e a favore di vento per aiutare la dispersione del polline; gli amenti femminili sembrano piccole pigne verdi-giallastre con membrane sovrapposte, da dove s'affacciano 2 stimmi pelosi collegati all'ovario.


Alla base delle brattee, che poi s'ingrandiranno, ci sono piccoli serbatoi a forma di sacco che contengono della polvere resinosa, gialla e granulosa: è la luppolina, appunto la sostanza amara che viene usata in farmacia, ma che il luppolo produce per difendere i propri semi dall'attacco degli uccelli.

domenica 15 settembre 2013

Brugo

(Calluna vulgaris)

(dialettale:  )

La calluna, detta anche brugo da un termine di origine celtica e da cui è derivato il vocabolo 'brughiera' per indicare il luogo dove di preferenza questa pianta alligna, è un contorto e nano arbusto che tutti conoscono o, meglio, conoscevano.

Un tempo infatti era presente in ogni casa delle regioni del freddo nord, perché i suoi rami venivano utilizzati per fabbricare scope e 'calluna' significa proprio 'pulire, spazzare'; spesso la si confonde con l'erica, che è pianta con fiori a fine inverno, mentre il brugo preferisce la fine dell'estate per aprire le sue corolle.


Lungo il suo fusto legnoso e tenace s'allineano 4 file di  foglie verde scuro a forma di aghi, opposte ed alterne a coppie, le quali, durante la stagione invernale, possono assumere una tinta dorata.

Gli apici servono da nutrimento a diversi animali selvatici quando la neve copre la vegetazione ed anche i suoi semi; i fiori, rivolti tutti in una stessa direzione, formano spighe dense, dipinte di rosa che può virare al violetto più o meno intenso.

Fuoriescono da un calice membranoso con quattro lobi dello stesso colore  dei 4 petali, uniti nella parte inferiore, al cui centro alloggiano 8 stami con antere acuminate e un pistillo che si vuol far notare perché sporge vistosamente.


Siccome il brugo cresce di preferenza in luoghi, per alcuni inospitali, rappresenta il simbolo della solitudine, della mancanza di compagnia, ma anche della speranza di poter sopravvivere sia pure in situazioni avverse.

sabato 14 settembre 2013

Eufrasia officinale

(Euphrasia officinalis)

(dialettale:  )

Un fiore, che dovrebbe schiarire la vista ed allietare lo spirito, l'eufrasia, che nel Medioevo veniva bruciata per poter acquistare la chiaroveggenza.
Ma, più che potenziare la capacità visiva e la perspicacia, questa erbacea, non più alta di un palmo da terra, sembra voler confondere le idee.


Infatti modifica facilmente le caratteristiche degli elementi che la compongono, tanto che distinguere una specie dall'altra risulta di difficile effettuazione.

Inoltre, nessuno lo immaginerebbe a guardarla, è parzialmente parassita, cioè usa le sue radici per derubare le altre piante delle loro sostanze nutritive, eppure le sue foglie, belle verdi, indicano che le sa usare nella fotosintesi e quindi non dovrebbe aver bisogno di altri per alimentarsi.

Queste foglie assai frastagliate nella parte bassa del fusto s'alternano una all'altra, mentre nelle vicinanze dell'infiorescenza si situano in opposizione.

Lasciano poi il posto a delle brattee  tra le quali s'annidano pochi fiori bianchi con linee parallele color lilla che si perdono nel profondo della corolla bilabiata aperta; al centro del labbro inferiore, suddiviso in 3 lobi spicca una macchia arrotondata giallastra.


Il labbro superiore assomiglia alla cuffia portata un tempo dalle olandesine, con orli rovesciati all'indietro e con il compito di proteggere i 4 stami con antere molto scure e uno stilo.

Pare che il significato del suo nome sia 'ilarità, gioia' e davvero questa corolla fa pensare ad una bocca che ride o ti deride per la confusione in cui essa ti lascia.


venerdì 13 settembre 2013

Cuscuta

(Cuscuta campestris)

(dialettale:   )

A volte delle chiazze giallastre nei prati rivelano un fitto intreccio che si estende a macchia d'olio, se non contrastato: si tratta di un'erba parassita, la cuscuta.

Il suo fusto, esile e filiforme, in grado di avvolgersi attorno ai gambi di diversi tipi di piante, lentamente tesse una tela bianco-giallina, poco visibile all'inizio, ma poi sempre più aggrovigliata, finché l'ospite risulta inglobato in una specie di ragnatela, tanto che nel Medioevo era denominata 'rete del diavolo'.


La cuscuta non ha quindi bisogno di contatti con il terreno, se non quando i suoi minuscoli semi germinano e sono in grado di condurre un breve periodo di vita indipendente. Ma naturalmente risulta più comodo sfruttare gli sforzi degli altri per sopravvivere!

Dalla radichetta un germoglio sottile s'allunga, muovendosi a spirale, finché trova qualcuno da abbracciare fino a portarlo a morte, risolvendo così il problema della propria alimentazione.


Le foglie sono ridotte a piccole squame e i fiori, riuniti in capolini lungo il fusto, hanno la forma di un orcio panciuto; in alto si aprono 5 sepali corti e tondi, dai quali sporgono alcuni stami giallastri, mentre la corolla sfoggia un colore bianco gelatinoso, che sembra schiuma solida. Per fortuna sono di piccole dimensioni, altrimenti risulterebbero ripugnanti.

giovedì 12 settembre 2013

Genziana minore

(Gentiana asclepiadea)

(dialettale: gensianela)

Questa genziana che rallegra con i suoi eleganti steli inarcati e le profonde trombe blu dei suoi fiori i boschi umidi ed ombrosi di montagna sfoggia un nome che ricorda un personaggio importante: Esculapio, dio della medicina e figlio di Apollo, secondo la mitologia greca.


Questo omaggio le è stato attribuito per le proprietà medicinali dei fiori e delle radici, scoperte fin dall'antichità e ritenute un toccasana per gli umani; e pensare che probabilmente si sarà adattata a secernere queste sostanze amarissime per rendersi disgustosa agli animali!

Ma, anche senza questa dote, sarebbe comunque apprezzata perché raggiunge il massimo sviluppo e la fioritura quando quasi tutti gli altri fiori sono in fase calante.



Su fusti molto alti, lignificati e cavi, tendenti a distendersi in orizzontale, arcuandosi leggermente, sta un bel filare di coppie di foglie lucide, opposte, lanceolate, percorse da un reticolo di nervature affossate.


Anche i fiori, disposti in lunga fila uscendo all'ascella delle foglie, rivolti tutti all'insù, aumentano la freschezza vivida della pianta: calice tubolare e sepali separati, corolla campanulata  crateriforme, stami in numero uguale a quello dei lobi, stilo semplice, sfumature violaceo- rossastre all'interno.

E voilà: anche gli angoli più bui e tristi del sottobosco potranno cantare 'Nel blu, dipinto di blu'.


mercoledì 11 settembre 2013

Garofanino d'acqua

(Epilobium hirsutum)

(dialettale:  )


Povero garofanino d'acqua! Questa pianticella è stata inserita nella lista di quarantena dello stato di Washington e quindi in quel luogo non  può essere trapiantata, acquistata, distribuita, lasciata crescere indisturbata  negli ambienti umidi che ama. 

E se la si dovesse individuare, si suggerisce caldamente di estirparla, di scavare con diligenza tutte le parti del suo rizoma stolonifero sotterraneo, insomma di distruggerla in tutti i modi. Questo perché è altamente invasiva e si impone, costringendo alla resa altre piante più fragili.


Eppure ha un aspetto delicato, con quel suo fusto ramificato nella parte superiore, foglie appena vellutate, con margine dentato e nervature evidenti.

Ancora più dolce appare l'infiorescenza a grappoli ricadenti un po' molli come se affaticati, costellati di fiori rosati sfumati di bianco nel fondo, dove i 4 leggeri petali suddivisi in 2 lobi s'inseriscono sul calice a forma di imbuto.

Otto stami eretti fanno corona ad un pistillo con 4 stimmi bianchi, situati ad angolo retto l'uno rispetto all'altro, ricurvi all'indietro e con superficie che appare un po' rugosa.


Certo che, quando il suo frutto-capsula lascerà uscire i suoi semi dotati di lunghi peli biancastri,allora si capirà che il suo scopo è di inondarne abbondantemente tutti i dintorni, dove nasceranno rapidamente innumerevoli piantine di tipo perenne

Un tempo, quando il bisogno aguzzava l'ingegno, si era trovato un uso anche per questi ciuffi pelosi: diventavano stoppini per lucerne.