mercoledì 4 dicembre 2013

L'infinito






Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.



                                                                                         
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento





odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.

(Giacomo Leopardi)

martedì 3 dicembre 2013

Vischio

(Viscum album)

(dialettale: vis cio)


Pianta tanto particolare nell'aspetto e nel comportamento da sembrare quasi fatata o stregata, il vischio evoca antiche magie ed è protagonista di leggende ed usanze che affondano le loro radici nella notte dei tempi.

Nella tradizione dei Celti era simbolo di immortalità, rigenerazione e vigore, così nella sua 'Storia naturale' Plinio la definì 'quello che guarisce tutto', accogliendo la venerazione che i druidi, sacerdoti di quel popolo, gli manifestavano.



Usavano raccogliere i cespi dagli alberi, dove se ne stavano appesi, con un falcetto d'oro, durante una cerimonia religiosa che si svolgeva a novembre e che segnava l'inizio dell'anno nuovo.

Non si sa perché questo ladrone che si comporta nei confronti delle altre piante come un piccolo, tenace vampiro godesse di tutto questo rispetto: infatti, privo di un vero apparato radicale, ha risolto il problema della sua alimentazione affondando i suoi succhiatoi nel legno di un ramo nutrice, suggendone la linfa ascendente.

Ma come mai finisce lassù, tra le fronde di alberi anche molto alti?
I suoi frutti sono bacche bianche perlacee ed opalescenti, velenose per gli umani, ma attraenti per gli uccelli, i quali, alla fine del pranzo a base della polpa molto appiccicosa cercano di ripulire becco e zampe strofinandoli sui rami sulla cui corteccia i semi s'incollano.



Se trova l'ambiente ideale,  il seme germina spingendo la radichetta dell'embrione fino all'interno del legno e lentamente appaiono dei rametti che si ramificano e sui quali  crescono a coppie foglie coriacee a forma di elica, tinte di un giallo - verde assai opaco.

I fiori maschili e femminili, portati da piante diverse, sono poco appariscenti, con 4 petali dello stesso colore delle foglie e si aprono da febbraio ad aprile, quando ormai il tempo dei baci sotto il vischio è finito da un pezzo.



domenica 24 novembre 2013

Capelvenere

(Adiantum capillus-veneris)

(dialettale:   )


Assegnarle un nome così impegnativo come 'capello di Venere' rappresenta già una certificazione di bellezza, non tanto per i fiori che non produce perché è una piccola felce, quanto per la fluida eleganza delle sue fronde.

Infatti da un  rizoma strisciante variamente ramificato, sospeso su muri e rocce quasi del tutto in ombra, si sviluppano sottili piccioli scuri ed elastici che portano delle foglie verde chiaro, percorse da nervature sporgenti verde scuro..

Ondeggiando leggermente ad ogni spirare di vento e amando lo stillicidio delle gocce d'acqua che non le imbevono , ma che scivolano giù, tanto che nella mitologia la pianta era collegata alle ninfe delle acque, appaiono proprio come una capigliatura più o meno densa ed acconciata.


Ogni fogliolina fertile, piatta e che si irradia da un punto centrale come un ventaglio,  porta lungo il bordo libero della sua pagina inferiore le spore di color ocra protette dal margine lievemente incurvato.

Quando le temperature s'abbassano le foglie cadono e il capelvenere riapparirà a primavera con fronde novelle talvolta lievemente colorate di rosa, ma sempre dall'aspetto delicato, tanto da dar ragione al fatto che nel linguaggio dei fiori è simbolo di modestia e discrezione.


sabato 23 novembre 2013

Lunaria

(Lunaria rediviva)

(dialettale:   )


Nell'atmosfera umida di una forra ombrosa e percorsa da un rivolo d'acqua spicca un'infiorescenza pallida che sembra messa lì apposta per rischiarare l'ambiente: pare quasi debole e malata, ma le grandi foglie turgide, di un bel verde pastoso, indicano che questa lunaria solitaria è del tutto a proprio agio in questo luogo.

I fiori bianchi, leggermente venati di violetto, con 4 petali disposti in croce e 4 sepali con apici divaricati, non hanno nulla di particolare, come quelli dei cavoli di cui è parente; ma danno origine a dei frutti, la cui strana avvenenza si fissa facilmente nella memoria.


Appesa ad un sottile peduncolo, una membrana a forma di un'ellisse allungata divide a metà una loggia appiattita, verdastra all'inizio della formazione, dove sono distribuiti alcuni semi arrotondati.

A maturazione, sul finire dell'estate, le 2 valve che li trattengono in posizione e che nel frattempo si sono assottigliate diventando biancastre e semitrasparenti, si staccano e cadono, liberandoli in modo che possano disseminarsi.

Rimane questo setto centrale, simile ad una moneta luminosa dal colore argenteo simile a quello della luna di giorno, percorso da linee scure che dal contorno si protendono verso il punto dove i semi erano fissati: è quel che rimane dello stilo persistente e filiforme.


Da noi questa pianta è soprannominata 'monete del papa', mentre in altri paesi 'onestà perenne', forse perché con questo tipo di moneta nessun umano può tentare di imbrogliare qualcun altro.


venerdì 22 novembre 2013

Nepitella

(Clinopodium nepeta)

(dialettale: menta selvarega)


Innumerevoli sono i nomi attribuiti alla nepitella e ciò testimonia la sua ampia diffusione e la facilità di adattamento ai luoghi, magari ricorrendo a leggere modifiche di qualche suo elemento; tuttavia qui si è fatta notare soltanto in autunno quando la maggior parte delle altre piante, più esuberanti, s'è afflosciata per riposare.


Non è infatti dotata di un aspetto spettacolare, ma appare come un'erba scialba ed insignificante, se non fosse che, quando l'annusi, rivela un aroma inconfondibile e piacevole, che ti fa desiderare ti portarla con te.

Perenne e strisciante, i suoi fusti ad un tratto issano la loro parte terminale mettendo meglio in mostra delle ordinate foglie ovali con margini a denti smussati, con la pagina inferiore, di grigio vestita, ammorbidita dalla presenza di peli.

Dalle loro ascelle contrapposte, sorrette da un breve peduncolo, sbucano le corolle tubulari, corredate dalla solita consueta gigantesca bocca, contornata di labbra, delle labiate; un lieve viola pallido, cosparso di peli che riflettono la luce e di macchie più scure disposte tutt'attorno alle fauci, ravviva appena gli steli.


Per fortuna ci sono anche i calici, che accentuano l'aspetto cromatico con la loro tinta forte, talvolta in contrasto con i petali e, poiché persistono sulla pianta anche dopo la fioritura per proteggere il frutto, collaborano ad accentuare la personalità di questa falsa menta, detta anche 'mentuccia', utilizzata soprattutto in cucina.

lunedì 11 novembre 2013

Pastinaca comune

(Pastinaca sativa)

(dialettale:   )


Un'infiorescenza al quadrato quella della pastinaca, perché formata da un'ombrella di ombrelline, leggera come un pizzo, ma che si confonde tra una miriade di altre piante, tra le quali cresce facilmente su prati e terreni ricchi di sostanze.

Sia l'ombrella che le ombrellette hanno peduncoli di diversa lunghezza e si dispongono in modo da garantire a tutti i fiori, distanziati e distesi, una sufficiente luminosità.


La tinta giallo-verde di ciascuna corolla ne esalta la forma arrotondata dove 5 petali ovali con cima aguzza si ripiegano verso l'interno, aprendosi poi in senso opposto a maturazione; gli stami si sviluppano prima degli stigmi in modo che il loro polline vada a fecondare ovari di piante diverse.

Le infiorescenze di questa erbacea dall'odore pungente appaiono il secondo anno di vita su fusti cavi e scanalati, inguainati in parte da foglie  composte da alcuni lobi con margini dentati.


Il primo anno è dedicato alla crescita, quando la piantina sviluppa una radice a fittone affusolata, biancastra e commestibile, tanto che il nome deriva dal latino 'pastus - nutrimento'.

Pare che nelle culture celtiche il 31 ottobre di ogni anno i fuochi venissero spenti e poi dovevano essere riaccesi da una sorgente di fiamma offerta da un sacerdote dentro ad una radice di pastinaca scavata; e brucianti sono anche gli esentemi che le foglie, toccando la pelle degli umani sotto il sole, possono lasciare come ricordo.


domenica 10 novembre 2013

Erba lucciola

(Luzula nivea)

(dialettale:    )


In un sottobosco ripulito da poco tempo, tra ombrosi faggi dal solido tronco ben piantato, un improvviso riflesso lucente attirava l'attenzione: illuminata dal sole, l'infiorescenza dell'erba lucciola inviava segnali luminosi in tutte le direzioni, come ali iridescenti di farfalle.

Essa, alla sommità di un fusto eretto ed arrotondato, superata in altezza da una foglia lanceolata con punta nerastra, è un agglomerato fitto di fiori regolari formati da 3 tepali interni e 3 esterni più brevi, appuntiti e concavi, i quali sembrano quasi membrane madreperlacee.



Dalle corolle fanno capolino 6 antere di colore bruno e un pistillo che dirige verso l'alto 3 stigmi diritti: anche i fiori, raggiunta la maturazione, tendono ad assumere sfumature rossicce che mantengono a lungo mentre si essiccano.

Tutt'attorno al fusto fiorale foglie. alla base larghe e un po' pelose sui margini, inguainano il fusto e, arcuandosi, ricadono mollemente come nastri verdastri di notevole elasticità e robustezza, appartenendo la pianta alla famiglia dei giunchi.


Mai incontrata prima quest'erba, ma, come una lucciola,  ha migliorato, illuminandolo, il cammino delle mie conoscenze.

giovedì 7 novembre 2013

Erba ruggine

(Ceterach officinarum)

(dialettale:   )


Ed ecco una pianta senza fiori, costantemente presente soprattutto sui vecchi muri e nelle fessure delle rocce da cui emerge come un piccolo bouquet: è l'erba ruggine, una piccola felce che evoca le foreste misteriose delle prime età della storia della Terra.

Relativamente primitiva, ebbe origine prima dello sviluppo sul pianeta delle piante da fiore ed è particolare per il suo metodo di riproduzione completamente diverso, che così prende l'avvio.


Inizialmente le spore vengono rilasciate in gran numero ed in ambiente umido generano piccole lamine verdi a forma di cuore, una struttura che sembra una pellicola sul terreno: qui ha luogo l'incontro tra la parte maschile e quella femminile .

Dalla loro fusione si sviluppa la piantina composta da fronde lanceolate, con un asse centrale su cui sono inserite  foglioline più piccole, di un bel colore verde che s'appanna soltanto in caso di siccità quando la pianta sembra contorcersi per evitare l'eccessiva traspirazione.

Ma oltre che effettuare la fotosintesi come vere foglie, esse sono anche l'incubatrice delle spore che si producono nella pagina inferiore dentro a capsule ordinatamente disposte e protette da una rudimentale membrana: sono come minuscoli bottoncini marroni che a maturità cadono e ricomincia il ciclo.


Dotata di un'eleganza non comune,  l'erba ruggine non è stata individuata dagli umani per questo, ma per il fatto che quando s'annida fra i sassi lentamente riesce a frantumarli: e così le hanno affibbiato il nome di 'spaccapietra', utilizzandola come rimedio per disgregare i calcoli dell'apparato urinario.

mercoledì 6 novembre 2013

Reseda

(Reseda lutea)

(dialettale:   )


In tempi lontani il giallo di reseda fu un elemento davvero importante nell'arte di tingere i tessuti; era un giallo-luce che richiamava anche la chiarezza e la luminosità delle intenzioni umane ed era prodotto estraendo il pigmento dalla pianta intera raccolta soprattutto a fine fioritura.

Poteva essere anche componente di varie misture di colore, abbinandolo  a tinte estratte da altre erbe tintorie; macerandolo in alcool si otteneva un inchiostro per scrivere usato dai frati amanuensi del Medioevo nelle loro miniature.

La pianta offre pure una sostanza amara che era utilizzata perché diuretica e sudorifera, in ogni caso calmante tanto da aver guadagnato così il nome, dal latino 'resedare- calmare'.


Insomma queste numerose proprietà della pianta hanno fatto sì che fosse coltivata in quantità e con molta cura; quella che occasionalmente si rinviene oggi su sentieri ghiaiosi, pietraie, terreni riportati è il risultato della disseminazione spontanea dei suoi semi scuri, lucenti e numerosi.

Danno origine ad una pianta che nel primo anno sviluppa la radice a fittone ed una rosetta di foglie basali sdraiate sul terreno, profondamente frastagliate e con margini increspati.

Nel secondo anno s'innalzano più fusti attorno ai quali si riuniscono i fiori sostenuti da brevi peduncoli; hanno un aspetto un po' confuso e sono così fitti da essere indistinguibili.


Ciascun fiore è protetto da una scaglia membranosa e consiste in un calice verde frazionato in più sepali e una corolla giallo- verdognola dall'aspetto malaticcio con petali minuti di diversa grandezza e suddivisi anch'essi in più lobi: forse non appare bello agli umani, ma per le api dev'essere mirabile, visto l'affollamento che provocano le loro visite insistenti e continue.

lunedì 4 novembre 2013

Cardo asinino

(Cirsium vulgare)

(dialettale   )


Una pianta assai irascibile e scontrosa il cardo, che ti tiene a distanza e sembra guardarti con ferocia, pronto a colpirti con i suoi pungiglioni distribuiti un po' dappertutto, sul fusto dove aculei disposti perpendicolarmente fanno buona guardia ed anche sulle foglie.

Queste addirittura prolungano le nervature centrali oltre il proprio lembo in giallastre punte minacciose che gli erbivori, tranne forse gli asini, non s'arrischieranno certo di stuzzicare.
Cosa vorranno difendere?



Forse il midollo tenero che sta all'interno dei suoi lunghi steli eretti percorsi da nervature colonnari, che li rendono sufficientemente robusti da sostenere le debordanti infiorescenze composte da solitari capolini grassocci.

Tanto è ispida la pianta, compresi i capolini rivestiti di brattee con punte triangolari e riflesse che danno l'idea di essere una barriera insormontabile, quanto morbida e setosa è la superficie convessa creata dai fiori sbocciati.



Sono numerosissimi, tutti a forma di tubo, con almeno 5 lobi di un intenso colore rosso porpora o violetto, completati da 5 stami a filamenti liberi e un unico stilo con stimma a 2 punte: una specie di soffice puntaspilli, richiamo irresistibile per molti insetti, in particolare per le farfalle che con la loro lunga proboscide succhiano il dolce nettare prodotto in abbondanza.



domenica 3 novembre 2013

L'oro d'autunno






L'oro d'autunno 
sale giorno a giorno
per gradini di verde
lungo il fuso del pioppo,   
fino all'esile vetta.
                           
                                       
Ancora resta lassù sospeso, 
                            un breve tempo; 
                               e intanto l'ultimo verde cade: 

                                                     poi nel bianco cielo,                           


come una fiamma fatua, 
                   dolcemente  si esala,
                                                 vola via,
                                                 si perde.
                                                                                                                                
Diego Valeri

sabato 2 novembre 2013

Colchico

(Colchicum autumnale)

(dialettale:   )


Il colchico autunnale non manifesta segni della sua presenza durante i mesi in cui la maggior parte delle piante compie il proprio ciclo vitale: se ne sta profondamente interrato sotto forma di bulbo-tubero, grosso come una noce,di consistenza solida e colore brunastro.

Quando inizia l'autunno un germoglio fiorale sbuca quasi improvvisamente e sembra un'apparizione tanto è leggero e delicato nel suo vestito bianco-rosa-lilla.


In fretta si apre un grande fiore a forma di calice, con alla base un tubo sottile che poi s'espande in 6 tepali arcuati a protezione dei 6 stami, di cui 3 più esili; tutti sfoggiano antere dipinte di giallo aranciato a corona di 3 stili liberi e vistosi con gli stimmi biancastri ad uncino.

Non si vedono foglie, che si formeranno nella primavera successiva, dapprima erette, poi appoggiate sul terreno ed avvolgenti dei frutti che appaiono come capsule verdastre.
Questo accade perché l'ovario, abbastanza profondo, dopo la fecondazione se ne sta al riparo fino a quando il fusto comincerà ad allungarsi, dando origine nel contempo alle foglie e ad un nuovo organo di riserva.


Questo, dopo l'essiccazione delle foglie e del frutto, nutrirà una nuova gemma da fiore: in pratica la fioritura anticipa ogni altra attività della pianta, la quale nonostante la delicata bellezza, è fortemente tossica in tutte le sue parti, ma celebre per le qualità curative che nel passato erano sfruttate.

venerdì 1 novembre 2013

Galinsoga comune

(Galinsoga parviflora)

(dialettale:   )


La galinsoga, piantina annuale dall'aspetto dimesso, ma irritante per gli umani perché cresce dove non dovrebbe, ama particolarmente l'umidità e quindi, in un luogo nel quale le precipitazioni sono abbastanza abbondanti come qui in Valpiana, può diventare un problema per la sua tendenza ad infestare orti, campi, e qualunque posto dove il terreno è un po' smosso.


Il suo luogo nativo pare sia stata la zona montuosa del Centro America, chissà se in origine  avesse lo stesso aspetto che mostra ora, ma sicuramente ha conservato caratteristiche che la rendono vigorosa e temibile.

Infatti il suo seme, prodotto in grandi quantità, non ha periodi di dormienza, gemina e si sviluppa rapidamente; la piantina fiorisce precocemente adattandosi ad una vasta gamma di condizioni ambientali diverse e  dando origine almeno a 3 generazioni all'anno: e difatti è conosciuta nel mondo come il 'valoroso soldato'.


Tra le foglie cuoriformi, dentate e lievemente ruvide,su fusticini spesso a forcella, si aprono capolini con pochi fiori bianchi, femminili, disposti sul contorno circolare; sono dotati di ligula piuttosto larga, a 3 denti come le 3 cime di Lavaredo.

All'interno sono raggruppati fiori bisessuali con corolle tubulari a 5 denti di un intenso giallo aranciato e 5 stami con filamenti liberi tra cui un unico stilo mette in mostra lo stimma bifido.

giovedì 31 ottobre 2013

Erba medica

(Medicago sativa)

(dialettale: spagna)


La quantità di nomi assegnati all'erba medica fa intuire che è la protagonista di una lunga storia e che ha viaggiato molto nel mondo: proviene dalla Media, regione dell'antica Persia e fu introdotta in Grecia e in Italia.

Caduta in disuso la sua coltivazione durante il Medioevo, fu riportata in Spagna (ecco il perché di erba spagna) dagli Arabi che la chiamavano 'al fal fa - padre di tutti i cibi', da cui è derivato alfa- alfa; qualcuno addirittura la indicava come 'erba merica', forse pensando che fosse una novità proveniente dal nuovo mondo.


Leguminosa da prato, quindi foraggio per gli animali, ma ora ritenuta anche scrigno di utili principi attivi per gli umani, pare che riesca ad arricchirsi di tutte queste sostanze nutritive per mezzo delle sue radici lunghissime, in grado di andare alla ricerca  di sali minerali idonei nelle profondità del terreno.

Da una corona basale s'innalzano più steli cavi con foglie trifogliate di un verde chiaro, che si scuriscono invecchiando, accompagnate alla base da stipule finemente acuminate.

L'infiorescenza è un insieme di affusolate corolle  azzurro violacee con i  5 petali di varia dimensione e disposizione, tra i quali gli organi sessuali possono procedere anche all'auto impollinazione, pur attirando insetti con il loro leggero profumo ed offrendo nettare.

Tutto avviene frettolosamente in questa pianta: germina con rapidità e dopo 3 mesi dalla semina produce già nuovo seme e, se falciata, in un battibaleno ricresce anche più volte in un anno.

mercoledì 30 ottobre 2013

Astragalo falsa liquirizia

(Astragalus glycyphyllos)

(dialettale: biso selvarego)


Da un bel cespo arrotondato di foglie fresche e chiare s'espandono tutto attorno in modo dilagante dei fusti striscianti i quali, se costretti dalla loro posizione in mezzo a piante più alte, s'appoggiano alle loro fronde innalzandosi, pur restando in parte nascosti nell'ombra.

Portano foglie alternate e composte da segmenti ellittici e lisci in numero dispari; pare che abbiano qualche rapporto con la dolcezza, visto anche il nome 'glycyphyllos'  da 'glykys - dolce' e ' phyllon - foglia'.


Forse sono dolci per gli erbivori che le apprezzano molto oppure perché gli umani opportunisti l'hanno talvolta usata come surrogato della vera liquirizia, chiamandola per questo 'bastarda'.

All'ascella del picciolo delle foglie si siedono su uno stelo eretto dei fiori un po' distanziati tra loro, di un giallo molto pallido, talvolta tendente al verdognolo, che svanisce rapidamente nel marrone o nero dell'appassimento.


Le corolle, lievemente profumate, hanno 5 petali e il tipico aspetto delle papilionacee, con i 10 stami e il pistillo racchiusi nei due petali inferiori rinchiusi a carena. Il tutto diventerà un baccello scuro, lievemente ricurvo e angoloso con molti semi rossicci.

martedì 29 ottobre 2013

Salvastrella minore

(Sanguisorba minor)

(dialettale: pimpinela)


'Bere il sangue' è il significato del nome Sanguisorba, ma non perché la pianta sia un vampiro; la sua infiorescenza appare comunque misteriosa ed indecifrabile, quasi una testa reticolata percorsa da sfumature rossastre: nell'antichità è forse bastato questo 'segno' per assegnare alla pianta particolari capacità antiemorragiche e cicatrizzanti.


Del resto questo capolino fiorale sferico riserva diverse sorprese: infatti è come un armadio dove sono ordinatamente disposti i singoli piccolissimi fiori a seconda della loro funzione.

Nella zona superiore sono adagiati soltanto fiori femminili, nudi perché portano il solo ovario con stimma piumato roseo o rosso.
Al centro se ne stanno fiori completi nei loro componenti sessuali maschili e femminili, con stami rannicchiati all'interno e nessun accenno di corolla e petali.

In basso stazionano fiori  maschili, in pratica stami sporgenti e penzolanti con antere gialle, il cui polline è affidato al trasporto sulla sommità di altri fiori dal vento.


Ognuno è accomodato in una specie di coppetta verdastra che sarebbe il calice, il quale s'apre mostrando 4 sepali ovali con qualche sfumatura porporina.

Ornamentali sono anche le foglie composte, sul cui asse centrale convergono numerose foglioline ovali, dentellate ai margini, il cui odore è simile a quello del cetriolo; e sono proprio le foglie giovani e tenere a divenire gradevole elemento nelle zuppe di verdure selvatiche, nelle salse e nelle bevande aromatizzate rinfrescanti.

lunedì 28 ottobre 2013

Mazza d'oro comune

(Lysimachia vulgaris)

(dialettale:   )


Che bel nome 'mazza d'oro': fa pensare a qualcosa di molto prezioso; ed in effetti le infiorescenze di questa pianta, che sembrano campanili dalla struttura piramidale, svettanti orgogliose nella loro veste giallo intenso, trasmettono anche una sensazione di forza e di sicurezza.

I fiori, disposti a gruppetti su corti peduncoli, uscenti in corrispondenza di 3 foglie che li accompagnano fino all'ultimo raggruppamento all'apice, e avvolti da calici con punte aguzze bordate di rosso, aprono corolle campanulate con 5 lobi.


Appaiono a fine estate e contrastano vivamente con la parte inferiore dei fusti, sui quali a distanze regolari si distendono, a 3 a 3, foglie lanceolate  con margine ondulato e nervature molto rilevate, il tutto sottolineato da un verde scuro lucente, sintomo di forte rigoglio.

E difatti questa Lysimachia, prima di mostrare la sua dorata fioritura, aspetta di essersi ben ambientata nel luogo scelto che di solito è in prati umidi o al margine di canneti e corsi d'acqua.

Invia da un primo rizoma un lungo stolone, elastico e superficiale ad indagare nelle vicinanze, facendolo fissare con nuove radici  e sviluppare un fusto foglioso da cui parte un nuovo stolone ed avanti così finché si forma una bella colonia di robusti ed ingombranti steli pronti a produrre anche i fiori.

Il nome ricorda un medico greco dell'antichità, Lisimaco, e pare che la pianta fosse ritenuta capace anche di scacciare gli insetti, tanto che si appendeva al collo degli animali per liberarli dal fastidio della presenza di questi fastidiosi ospiti o si bruciava nelle case ritenendo il suo fumo un buon repellente.

domenica 27 ottobre 2013

Dente di leone comune

(Leontodon hispidus)

(dialettale: radicela)


I prati fertili dopo l'ultima falciatura, ed anche i pascoli, si riempiono dei fiori dorati del dente di leone comune, i quali però non riescono a farli brillare come quando, in primavera, il tarassaco li riempie e li ravviva completamente per la vicinanza dei suoi grandi capolini.

Per ogni stelo di leontodon che s'innalza privo di foglie c'è un capolino, dapprima rivolto verso il basso, ma che poi si rialza e distende i suoi fiori, di grandezza ridotta e più distanziati uno dall'altro, originando un effetto punteggiatura sui terreni.


L'involucro ha forma allungata con squame lanceolate che accompagnano per lungo tratto i fiori, tutti con una lunga lingua leggermente dentata sul bordo e tinti di giallo vivo superiormente e sfumati di rosso nella parte inferiore.

All'interno di ciascuno spiccano 5 stami che circondano uno stilo filiforme, protetti dai lobi allungati di ogni fiore, che si rinchiudono a sera o in caso di maltempo.

A livello del suolo stanno foglie disposte a rosetta  che mostrano diversi lobi con margini sinuosi costellati di denti acuti e percorse da una nervatura centrale rossiccia che si prolunga in un picciolo rossastro; a questa forma dentellata si riferisce il nome altisonante che deriva da 'leon - leone' e 'odous - dente'.

E sul finire dell'inverno sono tra le prime a comparire belle, verdi e fresche, tanto da diventare cibo cotto o crudo per gli umani che le sanno riconoscere.

sabato 26 ottobre 2013

Erba milza comune

(Chrysosplenium alternifolium)

(dialettale:   )


La sua dimora ideale è in riva ai ruscelli o sulle scarpate rivolte a Nord dove l'umidità delle piogge impiega molto tempo ad asciugare, con preferenza per terreni ricchi di sostanze nutritive: lì l'erba milza o specchio d'oro appare come una decorazione preziosa tra una miriade di erbe ordinarie.

La sua modesta altezza e le foglie basali a rosetta striscianti sul terreno non la farebbero certo notare, ma quelle addensate all'estremità del fusto ascendente hanno un aspetto di una squisita eleganza.


Disposte ben distese a mo' di collare di sostegno alla base dei fiori, sono un vero ricamo: carnosette e tondeggianti  sfoggiano lobi con margini a balze di un verde sfumato di giallo incredibile.

Al di sopra piccoli cespi di fiori a scodella sfoggiano un calice con 4 sepali giallastri e consistenti, rivolti all'indietro, che si sono assunti il ruolo di petali, dato che questi sono assenti.


Ben visibili sono invece gli 8 stami che potrebbero anche essere un numero diverso e 2 stili con stimmi ottusi. Una vera bellezza quest'erba, anche un po' rara, il cui riferimento alla milza deriva dal fatto che un tempo si pensava che potesse guarire quest'organo umano.

venerdì 25 ottobre 2013

Tossilaggine alpina

(Homogyne alpina)

(dialettale:   )


La tossilaggine alpina si caratterizza per il fatto di essere dotata di un fusto formato da un unico stelo il quale sorregge un solo fiore che sembra eternamente in boccio oppure già appassito.

Quasi più particolare ed appariscente appare la sua rosetta basale di foglie, tutte ben distese sul terreno, dipinte di un brillante verde intenso sopra e sotto.


La loro lamina arrotondata, un po' ondulata e gonfia negli spazi tra le nervature, con un'insenatura profonda dove il picciolo lanuginoso si congiunge ad essa, deve assorbire tutto lo sforzo di cui la pianticella è fornita, perché poi, lungo il fusto, appaiono soltanto due minuscole brattee ben distanziate tra loro.

All'apice di questo stelo nudo, rossiccio e lanoso sta un capolino con il suo involucro cilindrico nel quale s'addossano strettamente fiori a tubo: al centro quelli bisessuali con corolla a 5 denti circondata da un ciuffetto di peli.


In posizione esterna stanno i femminili filiformi, anch'essi avvolti dal pappo di peli; la  tinta di tutti appare biancastra con lievi sfumature rosate e lilla, come se l'infiorescenza fosse stata antichizzata. 

Emergono le antere brune e lo stilo, unico per ogni fiore, ma svettando numerosi e leggeri, alleggeriscono e  vivacizzano questa modesta piantina.

giovedì 24 ottobre 2013

Ginestrino

(Lotus corniculatus)

(dialettale: galet)

Osservandone alcune parti, il ginestrino appare come un grande imitatore: i suoi baccelli radianti sono simili a zampe d'uccello, così come la sua corolla può far pensare alla testa di un rapace o di un pappagallo con un becco vistoso sotto una cresta arrotondata.


Il pastoso colore giallo percorso da striature rossicce e soffuso di rosso aranciato all'esterno delle sue fresche infiorescenze lo ha fatto denominare nei paesi anglosassoni 'bacon and eggs - uova e pancetta'.

Come ogni leguminosa che si rispetti, il fiore irregolare, nel suo insieme, tenta di farsi passare per una farfalla, mentre la carena funziona quasi come un tubetto di dentifricio: infatti essa si presenta nella parte terminale in forma di tubo conico con un forellino aperto in punta. dentro cui stanno gli stami.


Se un insetto atterra per cercare del nettare, la carena s'abbassa mentre il fascetto degli stami col pistillo resta rigido e preme sul polline depositato nel tubo e lo spinge fuori dalla fessura all'apice simile ad un sottile vermetto giallastro che va ad appiccicarsi alla parte inferiore del corpo dell'ospite. Alla fine dal buchetto uscirà lo stimma maturo che potrà ricevere il polline di altri fiori.

Appena al di sotto dei calici tubolari  se ne stanno, come a fare la guardia, delle brattee a 3 lobi,e ancora più in basso si distende un abbondante fogliame composto da foglioline riunite a 3 a 3 e capaci di movimenti  a seconda della luminosità e dell'umidità atmosferica.


Conosciuta fin dall'antichità e coltivata come cibo per il bestiame, da cui ha avuto origine il nome  'lotos - pianta foraggera', nutre anche il terreno perché ha un rapporto simbiotico con alcuni batteri del suolo i quali formano noduli sulle radici fissando l'azoto atmosferico.