venerdì 31 maggio 2013

Caprifoglio comune

(Lonicera caprifolium)

(dialettale: ciuciabec)


I fusti troppo lunghi o deboli s'ingegnano in mille modi per conquistarsi un posto al sole: quelli del caprifoglio, senza scrupoli, s'appoggiano alle spalle altrui avvolgendosi a spirale intorno al primo sostegno che incontrano nelle siepi dove vivono.

Nella loro ascensione s'avvolgono da sinistra a destra, cosa che perseguono con ostinazione anche se tenti di far loro cambiare direzione: ognuno ha i suoi gusti nell'eterna geometria della natura!


Lungo queste liane, che lentamente si sollevano aggrovigliandosi, appaiono foglie verdi glauche dalla superficie impermeabile e di aspetto diverso: quelle in basso su rami senza fiori  fuoriescono una opposta all'altra sul loro picciolo; quelle terminali sui rami con fiori si saldano alla base a formare come un collettino arrotondato attorno al fusto.

E sopra a questi vassoietti formati dalle due foglie congiunte stanno i boccioli rossicci che s'allungano a forma di clavetta, finché s'aprono mostrando delle corolle bilabiate le cui labbra s'allontanano arricciolandosi in direzione opposta come la barba e le corna di una capretta.


Tra loro 5 stami molto lunghi fanno poi la loro apparizione e via via orientano le antere da una posizione verticale ad una orizzontale, mentre la pianta cerca di esporre questa sua 'merce' disponendo anche i fiori orizzontalmente a raggiera ed allungando le porzioni di fusto che stanno tra un giro e l'altro di fiori.


Ulteriore invito è il profumo, acuto e delizioso, tale da attirare gli insetti, soprattutto la farfalla Sfinge. In due giorni il tutto sarà concluso:rimarrà lo stilo che riceverà il polline da altre piante mentre i petali da rosei diventeranno giallo-avorio e poi cadranno ricoperti di macchie brune.


giovedì 30 maggio 2013

Maggiociondolo

(Laburnum anagyroides)

(dialettale: jegol)


Capita di incontrare nella'aria incantata di piena primavera delle siepi che risplendono costellate di una pioggia di eleganti e snelli grappoli color oro intenso: è la fioritura del maggiociondolo, l'unica che si concede ogni anno.

Piccolo albero deciduo, espande una chioma rada e leggera: le sue foglie emergono ad una ad una, tre per ogni picciolo, ovattate di peli argentei. Sono in grado di subire spostamenti di orientamento durante la giornata in rapporto alla luce e al calore che ricevono.


Quando fa molto caldo d'estate addirittura si lasciano penzolare come fossero stanche morte ed in effetti molto precocemente il loro margine si raggrinza e si formano macchie brune che le corrodono imbruttendole e facendole cadere.

I fiori si mettono veramente in mostra, non solo per la tinta e il ritmico oscillare al vento, anche per dei segnali bruno rossastri nel petalo superiore dove gli insetti sostano provocando l'allargamento delle brattee laterali e il sollevamento della carena.


Nella fessura, larga quanto basta perché l'ospite introduca il capo, esso spinge e fruga così le antere scaricano il polline o, se il fiore è maturo, lo stilo si protende per farsi infarinare.

Ma  può essere che una pianta così dolce e soave d'aspetto, così eterea e leggiadra, abbia un'anima talvolta subdola e pericolosa? È il dubbio che si lega anche alla sua simbologia.

Non c'è dubbio alcuno che le foglie, velenose per capre e cavalli, non lo siano per i cervi, che conigli e lepri rosicchino impunemente la sua corteccia, che per gli umani rappresenti sempre un pericolo.

mercoledì 29 maggio 2013

Globularia

(Globularia incanescens)

(dialettale:   )


Sembra una biglia azzurra sfuggita a chissà quale gioco di bambini questo fiore che si fa notare nei prati aridi dove le erbe più alte e robuste non riescono a crescere tanto da occultarlo.

Ogni pallina rappresenta un ammasso di fiorellini tubolosi, con due labbra, quello superiore corto e suddiviso in due punte, quello inferiore a tre lobi ed appoggia su un calice un po' peloso con 5 denti ineguali.


Spicca per il colore azzurro intenso che, con l'avanzare dell'età, tende a schiarire e ad opacizzarsi, mentre la forma globosa s'appiattisce in un bottone semisferico con gli stimmi più chiari ancora che ricadono verso il basso.


Le infiorescenze, sospese ognuna all'apice di un gambo abbracciato da foglie ovali lanceolate, possono essere anche molto numerose nella stessa pianta quasi a formare una specie di tappetino a ponpon, su una rosetta basale folta di foglie un po' coriacee.

martedì 28 maggio 2013

Rosa di macchia

(Rosa canina)

(dialettale: rosa selvarega)


Non si direbbe proprio che un ciliegio, una potentilla, un nespolo, una fragola siano imparentati tra loro e con la rosa: la loro caratteristica comune è il fiore formato da 5 petali e da un calice con 5 sepali ben visibili e distinti tra loro.

Naturalmente gli umani, nel loro delirio di onnipotenza, hanno ben presto deciso che così non andava bene; bisognava far sì che le rose diventassero rifiorenti, più profumate e potessero fregiarsi di una corolla con almeno un centinaio di petali.




Per fortuna la rosa canina è riuscita a mantenersi semplice ed essenziale nella sua conformazione, giungendo a noi da epoche remote, adattandosi alle situazioni più diverse e continuando a rappresentare svariati significati simbolici che vanno dalla fragilità alla bellezza, al fascino femminile, ai riti dell'amore, alla metafora del tempo che scorre.




La pianta si sviluppa nelle siepi e nel sottobosco formando delle macchie mediante l'intreccio di rami sarmentosi, difesi da aculei dall'aspetto intimidatorio per la notevole stazza, ed impreziositi da foglioline lucide riunite in numero dispari su  un picciolo comune.

I fiori grandi, con petali di un lieve pallore rosato prima morbidamente avviluppati su se stessi, poi vistosamente distesi e talvolta incurvati a difesa degli stami dorati, sono completati da un calice carnoso e tepali vistosi.



Non per sciupare tutti i pensieri poetici che questa regina dei fiori ha fatto nascere, ma anche per essa gli uomini hanno individuato un elemento prosaico: i suoi frutti, che poi sono falsi, anforette dal lucidissimo rosso acceso isolate o a ciuffi in cima ai rami,

Mentre scientificamente sono stati denominati pomposamente cinorròdi, volgarmente sono gratta-culo e qui da noi 'stropacui', per la loro capacità, naturalmente sotto forma di infusi e decotti, sciroppi e marmellate, di arrestare diarree, crampi, nausee e digestioni difficili.

lunedì 27 maggio 2013

Romice acetosa

(Rumex acetosa)

(dialettale: pan e cuc)


Non lo sapevamo certo, quando da piccoli andando per prati si cercava il getto fresco dell'acetosa per mordicchiarlo e succhiarlo come fosse stato una caramella, che questa pianta contiene una buona quantità di ossalati che la rendono tossica per alcuni.

Ci si sentiva subito rinvigoriti da quel sapore acidulo simile a quello del limone, che rinfrescava e limitava la sete quando il sole ti faceva sudare e non c'era altro a disposizione.



Lasciati alla pianta, quei germogli consistenti e squadrati, tendenti al rossiccio, avvolti da foglie simili a lance, caratteristica questa da cui deriva il nome, si sarebbero innalzati sempre più, lentamente ramificando l'apice.




Lì in cima, al momento della fioritura che poi si ripete più volte anche durante l'estate, basta che la pianta venga falciata, si sviluppa una pannocchia marrone rossiccia, allungata e un po' curvata in punta.

I fiori sono fitti ma molto piccoli, l'involucro fiorale è spesso indifferenziato,anche se qualche corolla mostra 6 tepali di cui 4 esterni più allungati; i maschili e i femminili sbocciano su piante distinte.

domenica 26 maggio 2013

Neottia nido d'uccello

(Neottia nidus avis)

(dialettale:   )


La neottia nido d'uccello ha un nido non tra le fronde che non possiede, ma nelle ingrossate radici fitte ed aggrovigliate tra loro, dove dimora un fungo determinante nel momento della germinazione dei suoi semi e che lì rimane perché a sue spese avviene tutto il ciclo vitale della piantina.

Il suo fusto è in parte sotterraneo e in parte si eleva diritto e semplice come un bastoncino, privo di foglie e con qualche guaina ocracea a distanze regolari.

La parte terminale si muta in una spiga più o meno densa di fiori appoggiati, come a sostenersi nella loro fragilità, alla base di squamette.


Il tutto è tinto di uno sbiadito colore ocra chiaro o verdognolo, quasi opalescente; nessun cenno di verde perché non si forma clorofilla, campando la pianta di quanto le fornisce il fungo che con lei convive sottoterra.


I fiori,  modellati come quelli di altri tipi di orchidea, non hanno nessuna sottolineatura di colore: tutti i tepali monotonamente uniformi, sono minuti. Soltanto il labello, che è centrale e rivolto verso il basso mediante torsione del pedicello del fiore che ruota sottosopra, si sporge  ad ala di rondine.

Gli altri 2 tepali interni e 3 esterni si dispongono a cappuccio per proteggere lo stame con una sola antera fertile abbracciato allo stilo come una sorta di pilastro al centro del fiore.

Dopo la fioritura esso sparisce e può essere possibile, se non si realizzano le condizioni adatte, che non si faccia più vedere per anni, mantenendo la sua vita nella radice nascosta.

sabato 25 maggio 2013

Berretta del prete

(Evonymus europaeus)

(dialettale: bareta del prete)


La berretta del prete o fusaggine appare abbastanza insignificante al tempo della fioritura perché i suoi fiori sono scarsamente appariscenti; soltanto se la fioritura è abbondante sembrano formare una leggera ragnatela tra le foglie simile ad un velo lattiginoso.


Al contrario i frutti in autunno sono molto vistosi per la combinazione di due colori dominanti: il rosso carminio della capsula e il rosso aranciato dei semi, tinte forzate alla loro massima intensità probabilmente per renderli ben visibili agli uccelli nel grigiore autunnale.

La strana caratteristica di questo arbusto cespuglioso è la sua preferenza per il numero 4:
quattro gli spigoli dei giovani rami verdi, quattro i petali dei suoi fiorellini bianco - giallognoli che s'aprono in croce, quattro gli stami che si inseriscono negli spazi tra i petali come i cornetti delle chiocciole, circondando lo stilo, quattro le parti del frutto e altrettanti i semi.


Perfino la disposizione delle foglie a due a due, ma alternate sul ramo dà l'impressione che siano 4, un vero inno all'ordine e alla proporzione delle cose, che la stessa pianta può propiziare nelle rappresentazioni, poiché i suoi rametti dritti e lisci possono essere utilizzati per la fabbricazione del carboncino da disegno.

Non può più invece offrire il suo legno per la costruzione dei fusi usati un tempo dalle filatrici, perché quest'arte antica è andata perduta con l'avvento della 'modernità'. 

venerdì 24 maggio 2013

Giglio caprino

(Anacamptis morio)

(dialettale:   )


A differenza delle vistose cugine esotiche, le orchidee spontanee italiane affondano le radici nel terreno di boschi e prati magri: sotto terra il giglio caprino è provvisto di due tuberi radicali, arrotondati e colmi di mucillagine. Uno alimenta la vegetazione dell'anno e l'altro accumula sostanze nutritive per lo sviluppo della pianta nell'anno successivo.


Le foglie alterne, lanceolate, macchiate di bruno, abbracciano il fusto che porta i fiori riuniti in una spiga più o meno densa; essi mostrano una struttura unica nel regno vegetale: 3 tepali esterni simili tra loro ed incurvati a formare una volta, 3 tepali interni, due uguali e simmetricamente disposti, mentre il terzo, detto labello, è spettacolare, molto colorato e macchiato, di dimensioni notevoli e termina nel retro in una escrescenza chiamata 'sperone'.


Il labello porporino violaceo, con la funzione di pista d'atterraggio, indirizza gli insetti impollinatori verso il fondo in modo che restino appiccicati sul loro corpo almeno uno dei due pacchetti di polline portati   dagli stami fertili e dotati di sostanze vischiose che funzionano da colla.

E così può avvenire la fecondazione incrociata con una produzione altissima di semi microscopici che potranno germogliare solo se nel terreno incontreranno un fungo con cui avviare un rapporto di reciproca utilità.

Questo contatto potrà avvenire per estrema causalità, come quando si cerca di incontrare l'anima gemella.

giovedì 23 maggio 2013

Biancospino

(Crataegus monogyna)

(dialettale:   )


A differenza di altre rosacee il biancospino, che è un arbusto cespuglioso con fusto tortuoso, fiorisce dopo essersi ricoperto di ciuffi crestati di lucide foglioline minute ed increspate, profondamente incise in 3 o 5 lobi dentellati.

Sui rami grigio chiaro fitti ed intricati tra innumerevoli spine acute, ognuna a difesa delle foglie, verso metà maggio prorompe un'abbondante fioritura di mille ciocche che illuminano il cespuglio nascondendo in parte la severità di tutto quel verde cupo.


In ogni infiorescenza convivono fiori di tutte le età: boccioli più grossi e chiari s'alternano ad altri piccoli e verdastri tra qualche fiore già aperto.


In esso, tra 5 petali immacolati appare una prima serie di stami distesi con le antere delicatamente rosate, mentre altri più interni sono ancora ripiegati all'interno in paziente attesa del loro turno di dispiegare tutta la loro leggiadria.

Pur avendo un candore visibile anche nel buio, non s'accontentano di questo richiamo, ma emanano anche un leggero profumo di mandorla amara che richiama l'intervento perfino di farfalle notturne per la distribuzione del polline.


I Romani lo chiamavano 'alba spina' e lo dedicavano alla dea Maia che, manco a dirlo, regnava sul mese di maggio e che imponeva la castità essendo il mese della purificazione;ma gli è stato assegnato il nome che deriva da 'kratos - forza, robustezza', badando alla durezza del legno e all'impressione di forza che dà l'intera pianta.

mercoledì 22 maggio 2013

Bugula comune

(Ajuga reptans )

(dialettale:   )


Cosa non si fa anche nel mondo vegetale per garantirsi la sopravvivenza? Ogni pianta sviluppa uno o più accorgimenti affinché la propria discendenza rimanga nel mondo e la bugula ne adotta parecchi.

Innanzitutto raggruppa lungo tutto  il suo robusto fusticino vellutato un gran numero di fiori in modo che il loro colore azzurrino spicchi meglio tra le altre erbe del prato che stanno per sovrastarla ed occultarla.



Tra i fiori sovrapposti intervalla delle brattee rosseggianti che fanno da tetto protettivo ai suoi organi sessuali altrimenti esposti alle intemperie perché ogni corolla mostra un labbro superiore come troncato: da questo fanno capolino le antere dei 4 stami messi in bella mostra per invogliare gli insetti alla visita e pronte ad aprire le loro fenditure da cui fuoriesce il polline per infarinarli.

Il labbro inferiore invece è particolarmente ampio ed espanso in 3 parti su cui è facile rimanere comodamente in sosta e seguire alcun leggere linee indicatrici della direzione da tenere per trovare il cibo che stanno cercando.


Tutta la pianta è leggermente pelosa per evitare una traspirazione eccessiva, ma anche per guidare l' eccesso di rugiada e di pioggia verso l'esterno senza bagnare il polline.

Non paga di tutto ciò, allunga anche i suoi stoloni che si fissano al terreno lontano dalla pianta madre che ottiene così una diffusione notevole e una garanzia di ottima sopravvivenza.


martedì 21 maggio 2013

Faggio

(Fagus sylvatica)

(dialettale: faghèr)


A volte pare proprio un gigante questo albero, ben piantato su uno o più tronchi dalla liscia corteccia grigiastra, con una chioma densa ed allargata che sembra voglia abbracciare il mondo: appare solenne  e venerabile come una cosa antica, e difatti già nell'antichità era considerato uno degli 'arbores felices' dal cui legno si ricavavano le coppe usate per i sacrifici.

Ed anche per altri usi importanti fu impiegato, ad esempio nel legno del faggio s'intagliarono le prime scritture delle lingue indoeuropee, da cui derivò il tedesco 'buch' originatosi da un'antica radice germanica 'bòk' imparentata con 'beek - faggio'.

Sta a suo agio in quei versanti dei rilievi dove stazionano a lungo nebbie e nubi basse, impregnando l'aria d'umidità: da eleganti ed appuntite gemme oblunghe si sviluppano foglie, inizialmente ripiegate a fisarmonica, le quali gradualmente s'appiattiscono mettendo in bella mostra le nervature che terminano con un piccolo dente sui margini alleggeriti da una lieve peluria.

I fiori sulla stessa pianta sono diversi: i maschili si presentano a ciuffi in amenti che penzolano leggeri con calici e corolle campanulati e pelosi, i femminili solitari o a coppie sono chiusi in una specie di coppa verdastra cosparsa di morbidi spini.


Quest'ultimi fecondati daranno origine alle faggiole, frutti commestibili, usate come alimento per gli animali ma anche per gli umani, che un tempo quando la fame era una cosa seria li abbrustolivano come castagne, li tostavano per fare il caffè o li schiacciavano per ottenere l'olio.



lunedì 20 maggio 2013

Mughetto

(Convallaria majalis)

(dialettale:     )


Lo stare sprofondati sotto la terra è il mezzo ideale per sottrarsi ai danni da freddo: adotta questo stratagemma anche il mughetto, un'erbacea perenne il cui fusto notevolmente ingrossato si dirige orizzontalmente nel terreno portando radici, foglie ridotte a squame e gemme che aspettano il calore primaverile per uscire allo scoperto.

Ed è ancora così elevato il timore per le gelate che le foglie, nate direttamente da branchie laterali del rizoma, rimangono per lungo tempo arrotolate a spirale su se stesse a protezione dello stelo con i fiori in formazione.


Grandi e slanciate come ali d'uccelli si librano poi con il loro verde lucente verso l'alto quasi ancora a riparare i pedicelli incurvati, attaccati uno dopo l'altro al gambo, ai quali sono agganciati i fiori, dapprima verdastri, poi bianchi e cerosi, a forma di piccolo orcio con i bordi arricciati.


Non vi è distinzione in essi tra calice e corolla, sono 6 tepali saldati tra loro che non lasciano fessure dove l'acqua potrebbe penetrare a rovinare il deposito di polline, ma hanno un'apertura inferiore da cui si sprigiona un raffinato ed intenso profumo, tanto che i francesi l'hanno chiamato 'muguet' da 'noix musquette', la noce moscata.


E proprio in Francia questo fiore a campanella è diventato sinonimo di un uomo che ostenta la sua raffinatezza, che vuole far colpo, come farebbe produrre colpi di starnuto la polvere essiccata del rizoma di questa pianta velenosa.

domenica 19 maggio 2013

Viburno

(Viburnum lantana)

(dialettale: pagogna)


Dalle proprietà dei suoi rami flessibili e resistenti, usati un tempo dai contadini per legare fascine, siepi, piante ai pali.., è derivato il suo nome, da 'viburnum - legare'.

È un arbusto sempre assetato che presenta un'impalcatura simmetrica dei suoi rami radi ed essenziali, sui quali sono distribuite delle foglie d'un verde quasi grigio, biancastre sotto e finemente dentellate sul bordo: a toccarle sembra di avere in mano una tela di sacco cosparsa di polvere.

Strappare uno dei suoi rami è una vera impresa: infatti si può lacerare la corteccia esterna, ma la parte legnosa si piegherà ma non si lascerà spezzare, pur soffrendo e lasciando uscire una sostanza gommosa. Pare che un tempo, bollendo questa corteccia, si ricavasse il vischio per catturare gli uccelli.

La sua infiorescenza è composta da 7 pedicelli, uno centrale e gli altri attorno perfettamente disposti e tali da assumere una forma a cupola.


Ognuno sostiene dei fiori bianchi a 5 petali, dai quali emergono gli stami che assomigliano a spilli con capocchia piantai in un puntaspilli.

Lentamente si trasformeranno in ciocche di frutti di forma ovale un po' compressa, con un  unico seme duro all'interno: il colore virerà dal verde, al rosso e infine al nero talmente lucido da potersi quasi specchiare.


Sono mangerecci anche se non invogliano molto tanto che un tempo gli umani succhiando e sputando li definivano con un volgare 'merda de gat',


sabato 18 maggio 2013

I primi fiori



                                          



Accanto al ruscello
dietro ai rossi salici
molti fiori gialli
in questi giorni aprirono
i loro occhi d'oro.




E me, da tempo ormai dell'innocenza privo,
porta la rimembranza verso profondità
alle dorate ore mattutine della mia vita
e limpido mi vedo negli occhi dei fiori.





Volevo andare a distruggere quei fiori;
poi li ho lasciati stare
e vecchio torno alla dimora.

(Herman Hesse)


venerdì 17 maggio 2013

Primula farinosa

(Primula farinosa)

(dialettale: primavere )

Dà l'impressione di essere un po' pallida e malaticcia la primula farinosa per i suoi colori soffusi, in parte attenuati da quella lievissima peluria biancastra che ricopre foglie e stelo.


Invece questa sua pelosità è una forma di adattamento intelligente alle condizioni qualche volta difficili in cui deve sopravvivere: questa fitta lanugine appena visibile crea uno strato isolante che attenua la differenza di umidità tra l'aria esterna e l'interno dei tessuti, rallentandone l'evaporazione.

Ciò era necessario quando in epoche precedenti viveva a superiori altitudini, migrando poi in basso durante l'ultima glaciazione e rimanendo distribuita qua e là in piccole aree quando i ghiacci di nuovo si ritirarono più in alto: qualcuno la definisce, con epiteto altisonante, 'relitto glaciale'!

Attecchisce nei prati torbosi dove si sviluppa lentamente in modo poco evidente la sua ordinata rosetta di foglie basali ondulate e con dentini microscopici lungo i bordi; ma poi quasi d'improvviso s'innalzano steli scanalati, sottili e un po' gobbi come se il peso dell'infiorescenza in boccio fosse eccessivo.


Le corolle che s'aprono ad angolo retto rispetto al calice rinforzato mostrano 5 petali di un delicato viola morbido,ravvivato all'imbocco del tubo corallino da un sottile bordino giallo vivo.


Non è più uno dei primi fiori a salutare la primavera come altre sue sorelle, ma con quei petali a forma di cuore sembra lo stesso augurare che per ognuno di noi sia sempre primavera.

giovedì 16 maggio 2013

Fragola

(Fragaria vesca)

(dialettale: fragola)


La fragola selvatica vive nelle macchie d'arbusti che la soffocherebbero privandola della luce se essa non trovasse un rimedio. Minacciata dall'ombra produce dei rami che s'insinuano attraverso il folto, s'allungano distesi finché trovano un posto adatto a radicare e ad emettere foglie ricevendo la linfa attraverso quel lungo tubo dalla pianta madre.


Quando la situazione di queste nuove pianticelle si è consolidata, ecco che a loro volta emettono dei rami allungati, così si stabilisce una vera colonia vegetale di gemme emigrate in cerca di fortuna che poi tagliano metaforicamente i rapporti con le madri, lasciando seccare lo stolone.

Nel frattempo producono anche foglie trifogliate  dal bordo dentato e argentee sulla pagina inferiore e fiori con il calice di  5 sepali triangolari e 5 perfetti petali bianchi ovali  con stami e pistilli in quantità.

La vera particolarità è rappresentata dal fatto che la porzione carnosa alla base del fiore s'ingrossa, diventa di color rosso acceso e porta sulla superficie i veri frutti che sono piccoli acheni gialli contenente il seme duro.

Un 'falso' frutto quello della fragola, ma talmente dolce e sprigionante un così intenso aroma che questa pianticella schiva e modesta non poteva non essere chiamata 'fragaria ' cioè fragrante. 

mercoledì 15 maggio 2013

Narciso selvatico

(Narcissus poeticus)

(dialettale: tazeta)


In maggio i prati di Valpiana sono tinteggiati di bianco ad opera del narciso dei poeti, specie spontanea che erompe su un umile fusto sotterraneo, il girello, attorno a cui si stringono le scaglie d'un bulbo biancastro. Se esso ha abbastanza forza, ecco che il girello s'allunga e sfugge al buio della terra con il suo fiore preparato di nascosto.

Insieme a questo fanno la loro comparsa una o più foglie piatte, nastriformi, di un verde azzurro tenue che talvolta s'adagiano mollemente prostrate, mentre s'erge il fusto cavo portante un unico fiore accompagnato da una brattea un po' scolorita che l'ha protetto mentre si sviluppava.


Grande e pesante s'inclina verso il terreno con i suoi 6 tepali candidi a forma d'elica  al cui centro si trova una gialla corona dentellata simile a una tazza,bordata di rosso arancio ed impolverata dal polline sprigionato da 3 stami disposti attorno al pistillo verdastro. 

  

Quasi si potrebbe rimanere ipnotizzati a contemplare questa distesa incantata, non tanto per tutte quelle corolle affastellate, quanto per il profumo intenso, per il quale pare gli sia stato assegnato il nome da 'narkào - stordimento'.

Tale bellezza è comunque ingannevole perché i bulbi contengono sostanze pericolose: velenosa è ritenuta questa pianta ed anche nel linguaggio dei fiori simboleggia l'egocentrismo, insomma l'egoismo, il non dare nulla agli altri essendo occupati ad ammirare e ad amare solo se stessi.  



martedì 14 maggio 2013

Trifoglio fibrino

(Menyanthes trifoliata)

(dialettale:   )


Qua e là, abbastanza frequenti in Valpiana, vi sono torbiere e praterie imbevute d'acqua, con l'erba un po' asfittica per la difficoltà di non soffocare in questi terreni acquitrinosi.
Ebbene proprio in questo habitat prospera una pianta palustre, il trifoglio fibrino, conosciuto fin dall'antichità tanto da considerare una tazza dell'infuso delle sue foglie un elisir di lunga vita.

Da rizomi striscianti e carnosi che s'allungano anche più di un metro sotto un velo d'acqua nascono foglie tripalmate, più rade ma più grassocce di quelle del trifoglio dei prati.


Come barchette essi cercano di solito un approdo su zolle un po' più solide, dove si fissano, continuando poi ad allungarsi e a strisciare nella fanghiglia, ancorandosi con radici che si sviluppano ai nodi.

Sembra impossibile che in una situazione così putrida il trifoglio possa esibire dei fiori di un fascino unico: su rametti terminali eretti porta da 10 a 12 fiori, composti da un calice con profonde incisioni al margine dei sepali e 5 petali bianco rosei che s'incurvano all'indietro a notevole distanza uno dall'altro.

È una struttura a simmetria radiale, resa più morbida dalla presenza sulla superficie interna di filamenti biancastri increspati, simili alle frange di certi tappeti.


Vistosi sono anche gli stami con antere scure a forma di freccia e l'unico pistillo giallastro
ben visibile al centro: una bellezza che dura poco, difatti il suo nome difficile deriva dal greco 'minutho' diminuire e 'anthos' fiore, forse proprio per la precoce caduta di ogni corolla. Per fortuna l'apertura di ognuno avviene in tempi successivi offrendoci per lungo tempo l'opportunità di ammirarli.

L'ovvia considerazione è che resta sempre valida l'affermazione di De Andrè ' ...dal letame nascono i fior...'

lunedì 13 maggio 2013

Dentaria digitata

(Cardamine pentaphyllos)

(dialettale:     )


In un unico luogo di Valpiana ho individuato la dentaria, una forra ombrosa ed umida serrata tra pareti di roccia dove il lento sgocciolio dell'acqua mantiene fresco il suolo.


Quelle che si fanno subito notare sono le foglie di un bel verde scuro, dalla forma complessa, una specie di mano con le dita aperte, con margini seghettati ed apici appuntiti, che emergono dalle base sostenute da lunghi piccioli ed avvolgono il gambo ad un certo livello, quest'ultime di dimensioni più contenute.

Nel mezzo di tutto questo verde si forma un peduncolo fiorale per ogni pianta, dove s'annidano dei boccioli inguainati da un calice a quattro sepali in diagonale rispetto ai petali.


Alla schiusa i 4 petali con lembo largo a forma d'uovo,, disposti in croce, appaiono di colore lilla, sottolineato da sottili nervature parallele che tessono una lieve ragnatela con linee  sfumate di scuro. In fondo emergono stami con antere gialle.


Formano un'infiorescenza non molto folta, che va dilatandosi man mano che ogni fiore si apre occhieggiando appena tra la verzura come a voler serbare una certa riservatezza.