sabato 28 settembre 2013

Spigarola violacea

(Melampyrum nemorosum)

(dialettale:   )


Uno che non è molto dotato, nel caso delle piante non presenta corolle appariscenti, non spande profumi irresistibili, non attira con gustose gocce mielate, cosa inventa per richiamare l'attenzione?

Colora le sue semplici ed insignificanti brattee alla sommità dei fusti, trasformandole in bandiere di segnalazione dipinte di lilla e di viola, di giallo e di verde chiaro, una vera tavolozza dalle ineguagliabili sfumature.


A comportarsi così è la  spigarola violacea, un'erba annuale che ora  si incontra  di solito in luoghi ombrosi tra la vegetazione selvatica, mentre un tempo infestava anche i campi coltivati e, se i suoi semi si fossero mescolati a quelli del grano, avrebbero colorato di nero la farina; da ciò il suo nome 'melampyron', da 'melas - nero' e 'pyros- grano'.

Oltre a lasciare di sé questo ricordo tossico per gli umani, ne danneggiava anche le coltivazioni perché, essendo una semiparassita, al bisogno, s'avvale di alcuni elementi minerali che preleva attingendoli dalle radici delle piante vicine.

Lungo fusticini eretti, quadrangolari, pelosi su due facce opposte, si sviluppano foglie lanceolate appuntite, ordinatamente disposte, finché all'estremità superiore assumono l'aspetto di piccole squame triangolari, con questa capacità di dare visibilità collaborando con i fiori.


Questi si aprono alla loro ascella, splendono di un brillante giallo oro, tinteggiato di arancione quando invecchiano e si dilatano in una gran fauce dove il labbro inferiore s'allarga e si gonfia come fosse quello di una donna artificialmente rifatto.