martedì 1 ottobre 2013

Betonica

(Stachys officinalis)

(dialettale: betonega)


Gli antichi romani non avevano mezze misure: elencavano una cinquantina di malattie che la betonica poteva curare con successo e, siccome non bastava, le si attribuivano anche capacità di evitare visioni spaventose e poteri di contrasto degli spiriti maligni, in pratica era ritenuta un'erba dalle mirabolanti proprietà, da tenere sempre presente.

Non a caso qui un tempo, in genere a qualche pettegola, si esclamava 'te sè na betonega' per dire  che ficcava il naso  in ogni vicenda o 'i te conos pì de na betonega', riferito ad una persona molto conosciuta.




Oggi poche di queste virtù curative sono confermate dalla scienza medica, ma qualcuno pone ancora alcune sue foglie all'interno del cappello per alleviare le emicranie o tenta di accelerare la cicatrizzazione delle ferite con cataplasmi preparati con le sue foglie fresche.

La pianta innalza un fusto gracile, a sezione quadrata, completato da foglie pelose  ruvide che appaiono quasi brattee verso l'apice; sono inserite nei nodi del fusto a coppie opposte e così sono collocate anche nella spiga fiorale, alla base del gruppo di fiori.



La corolla è formata dai petali saldati a formare un tubo un po' ricurvo che poi si apre in 2 labbra che divergono alquanto; il lobo superiore è suddiviso in 2 parti, l'inferiore in 3, di cui il centrale dentato e i laterali morbidamente arrotondati tutti sfoggiano una tinta rosata percorsa da macchie più scure.

Cresce nelle zone erbose dei boschi radi e nel vocabolario ottocentesco dell'amore segnala sorpresa ed agitazione. Forse le stesse che, secondo Plinio il Vecchio, spingevano un groviglio di serpi ad uccidersi tra loro, se circondate da quest'erba.